Le lavoratrici e i lavoratori dell’Agenzia Dire non si rassegnano allo smantellamento che l’editore sta operando e questa mattina si sono riuniti in un presidio sotto la sede nazionale dell’agenzia di stampa, in Corso d’Italia a Roma, per dire no ai licenziamenti e alle sospensioni avvenute nel periodo natalizio. Anche la sede di Bologna aderisce alla protesta con ulteriori 8 ore di sciopero.
«Stiamo parlando di una delle prima quattro agenzie di stampa nazionali – osserva ai nostri microfoni Maria Teresa Ruffo della Slc Cgil – Chiediamo all’azienda di sedersi attorno a un tavolo e smetterla con le azioni unilaterali».

No ai licenziamenti e alle sospensioni, il presidio di lavoratrici e lavoratori dell’Agenzia Dire

Il piano di licenziamenti annunciato dalla proprietà, la Com.e – Comunicazione ed Editoria srl, si è concretizzato durante le festività natalizie. Il 28 dicembre, infatti, 14 giornalisti sono stati lasciati a casa e rischiano di non essere i soli, dato che la sforbiciata al personale che l’editore Stefano Valore di Villanueva de Castellòn vuole realizzare investirebbe anche i poligrafici.
Nonostante la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori, concretizzatasi in diversi giorni di sciopero, le lettere di licenziamento sono partite. Ma a testimoniare un clima pesantissimo è un altro provvedimento, comunicato via mail alle ore 22.00 del 31 dicembre: la sospensione dal lavoro di 17 giornalisti della sede di Roma con effetto immediato e senza retribuzione.

La situazione è stata ulteriormente complicata da una mossa governativa del 29 dicembre, che motiverebbe le 17 sospensioni, che il sindacato reputa illegittime. A poche ore dall’avvio della nuova procedura negoziata per l’acquisto dei servizi giornalistici dell’agenzia Dire da parte del Dipartimento Editoria di Palazzo Chigi, il pagamento del pregresso che doveva partire il primo gennaio è stato sospeso. Tutto ciò è motivato da un provvedimento di fermo amministrativo adottato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito per via del procedimento penale che vede coinvolta Giovanna Boda, ex capo dipartimento del Ministero, e il precedente editore della Dire, l’imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco.

Per i poligrafici dell’Agenzia Dire la situazione è un po’ diversa, ma non esente da rischi. «A seguito della procedura di licenziamento collettivo di settembre – spiega Ruffo – per i poligrafici è stato trovato l’accordo per il rinnovo fino a fine gennaio del contratto di solidarietà. Abbiamo già chiesto un incontro urgente e finora non ci è stata data risposta. In ogni caso dovremo incontrarci prima della fine del contratto di solidarietà, che contiamo di rinnovare».
La richiesta dei sindacati alla proprietà, in ogni caso, è quella di non procedere più con azioni unilaterali, ma di sedersi a un tavolo per trovare soluzioni condivise in una situazione che, a causa anche dei guai giudiziari del precedente editore, non risulta facile.

La vertenza che investe l’Agenzia Dire, però, si tinge anche di toni foschi che riguardano la politica. Nata per iniziativa di alcuni fedelissimi di Enrico Berlinguer, l’agenzia vede ora alcuni personaggi che ricoprono ruoli importanti nell’attuale proprietà appartenere al mondo dell’estrema destra, anche neofascista. È il caso dell’amministratore delegato Stefano Pistilli, vicino al leader di Forza Nuova Roberto Fiore, recentemente condannato a otto anni e mezzo di reclusione per l’assalto alla sede della Cgil del 9 ottobre 2021.
Non solo: la SiliconDev, la società di cui Valore è presidente e che detiene il 95% di Com.e, annovera tra i consulenti Emilio Albertario, marito della deputata leghista Simonetta Matone.

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