L’accordo raggiunto apre le porte a una fase di instabilità politica per Atene. La minoranza di Syriza annuncia il voto contrario. Per Tsipras l’ipotesi di un governo di coalizione con i ‘nemici’ di Nea Demokratia, Pasok e To Potami, ma perderebbe il sostegno di una grossa fetta del suo partito. In alternativa, il premier ‘non per tutte le stagioni’ potrebbe dimettersi e la Grecia tornerebbe alle urne. Ipotesi più probabile per Vassilis Primikiris della direzione di Syriza.

Crisi Grecia: la situazione dopo le nuove elezioni

“Contro Tsipras un waterboarding mentale di Tusk, Merkel e Hollande”. Ad evocare la celebre tecnica di tortura, con la quale si immerge la testa di un prigioniero nell’acqua fino ad un passo dall’annegamento, non è un giornale della sinistra radicale, ma il britannico The Guardian. Altre testate lo hanno definito “Colpo di Stato europeo”, mentre il Manifesto, con uno dei suoi giochi di parole, ha parlato di “Scalpo di Stato”.
Comunque la si voglia mettere, le parole “trattativa” ed “accordo”, utilizzate per descrivere il lunghissimo vertice cominciato ieri sera e conclusosi stamattina con l’accettazione di un piano durissimo da parte di Alexis Tsipras, sono eufemismi per descrivere il ricatto e l’imposizione cui il governo ellenico ha dovuto sottostare.

Per poter continuare a restare nell’euro, la Grecia è costretta a piegarsi e svendere il suo patrimonio, come si può leggere nell’articolo del nostro Andrea Perolino.
Le conseguenze, però, si faranno sentire e non solo sul piano sociale, in un Paese già alla disperazione. Al Parlamento greco, il premier Tsipras si presenta senza dubbio da sconfitto. Per il bene della sinistra, qualcuno vorrebbe che si presentasse anche dimissionario, in modo da non rendersi complice di quell’austerity e di quella dittatura tecnocratica contro cui aveva vinto le elezioni solo pochi mesi fa. E contro cui il popolo greco si era espresso con il referendum della scorsa settimana. “Come si comporterà Syriza adesso non si può dire – rivela ai nostri microfoni Vassilis Primikiris, membro della segreteria del partito – Gli organi di partito, nemmeno la direzione, si sono ancora riuniti. Ma un folto gruppo di parlamentari non ha votato la proposta di andare a trattere del presidente Tsipras. Praticamente si è persa la maggioranza del partito. Già 35 deputati si sono espressi contro l’accordo“.

Potrebbe però succedere che il premier greco tenti di trovare un’altra maggioranza in Parlamento, dal momento che la sinistra di Syriza non voterà il piano né le riforme imposte dai creditori.
Una delle ipotesi è che Tsipras tenti un accordo con To Potami, il partito centrista greco, Nea Demokratia e Pasok al fine di far passare i diktat europei, con un’edizione in salsa greca delle larghe intese già viste, ad esempio, in Italia. L’obiettivo sarebbe anche quello di governare per un anno, in modo da gestire ed assestare la situazione. Scenario ritenuto comunque  poco probabile da Primikiris: “Non penso che la maggioranza del mio partito e lo stesso Tsipras, secondo le sue dichiarazioni, diventerà un ‘personaggio per tutte le stagioni’. Più probabilmente, andremo alle elezioni. In quali condizioni, è difficile da immaginare”.

Nelle prossime ore, intanto, è previsto un incontro della segreteria di Syriza. “Forse faremo anche un congresso straordinario”, spiega ancora Primikiris. La spaccatura all’interno del partito di Alexis Tsipras, però, si è già consumata. Alla luce dell’accordo raggiunto in nottata, anche le dimissioni del ministro Varoufakis, il giorno dopo il referendum, lasciano qualche dubbio. Si è davvero trattato di una mossa di ulteriore sostegno al premier greco o i termini dell’accordo a cui si sarebbe giunti erano ritenuti intollerabili? Risposte non se ne hanno, ma da Primikiris i toni vengono in qualche modo stemperati: “Penso che tutti abbiamo responsabilità. Le responsabilità sono diverese, ma potevamo gestire meglio questa situazione e reagire diversamente”.

Le critiche a Berlino hanno invece tutt’altro sapore. “Non acceteremo mai che la Germania riesca a prendere [dalla Grecia] tutto quello che non è riuscita a prendere durante la seconda guerra mondiale – dichiara Primikiris – Il pericolo per l’Italia e per tutti i popoli europei, è esistente. Facciamo parte di unio strano protettorato che pensa di essere libero, ma libero non è.
“L’accordo firmato questa mattina alle cinque – dice ancora il politico di Syriza – È un pessimo accordo. Oggi è una giornata molto brutta, non soltanto per i lavoratori greci, ma anche per quelli italiani ed europei. Questo accordo è stato imposto, hanno costretto il nostro presidente a firmare con la minaccia della chiusura permanente delle banche. Le speranze per un’unità europea politica, di democrazia, di solidarietà, di sviluppo comune, con questo accordo sono venute meno”.

Sullo sfondo, resta dunque la preoccupazione per il futuro politico di Atene. Se sul piano economico, è chiaro da tempo che tutte le strade percorribili avrebbero presentato un conto salato al popolo ellenico, a destare preoccupazione sono adesso le parole che in questi mesi i neonazisti di Alba Dorata hanno ripetuto come un mantra: “Dopo Syriza, toccherà a noi”.
Per il tardo pomeriggio di oggi, intanto, è prevista un nuova manifestazione in piazza Syntagma. Quello che attende la Grecia è ancora imprevedibile, ma per molti è chiaro che il futuro sarà tutt’altro che sereno.