Anno nuovo vita vecchia. Si potrebbe riassumere parafrasando questo antico proverbio, l’ennesimo calvario che alcune colleghe e colleghi si sono trovati ad affrontare in alcuni istituti scolastici nei primi mesi dell’anno accademico. Emblematico è il caso di Sant’Agata Bolognese, dove “educatore” evidentemente deve far rima con “tappabuchi”: nessun diritto di parola per queste figure professionali su scelte che intaccano direttamente il loro mansionario scolastico, oltre che, e non è secondario, l’organizzazione della loro quotidianità.
Orari imbarazzanti calati dall’alto che costringono gli educatori a ritmi di lavoro insostenibili, nessuna consultazione del PEI (Piano Educativo Personalizzato), il documento, imprescindibile, che racchiude le indicazioni didattiche ed educative volte a favorire l’inclusione del ragazzo seguito e un mansionario che ricalca sempre più quello degli insegnanti da sostituire. Nei fatti, dunque, gli educatori scolastici trasformati in figure professionali utili soltanto a tappare i buchi lasciati dalla carenza numerica degli insegnanti.
La scuola probabilmente fatica a comprendere che non ne va solo la dignità della figura professionale dell’educatore e di quella degli insegnanti, ma soprattutto la propria come istituzione guida nel percorso di crescita dei nostri cittadini più giovani. Ne abbiamo parlato in studio con Stefania, educatrice, e Rosella, sindacalista.