La sensazione è che ci sia troppa carne al fuoco. E non tutta di buona qualità.
Non c’è dubbio che il capitolo su cui l’Amministrazione guidata da Matteo Lepore ha deciso di puntare sia quello della mobilità. Il primo cittadino si è assunto una grossa responsabilità, non solo per il proprio destino politico, ma soprattutto per il futuro stesso di Bologna.
Se con alcune scelte, ad esempio Città 30, Palazzo D’Accursio tenta una vera e propria rivoluzione culturale, per altre – ad esempio il Passante – propone invece una involuzione, spacciata però per riduzione del danno. Accanto a ciò, progetti come quello del tram di cui forse non è ancora chiara la portata e imprevisti capitati tra capo e collo, come i problemi della torre Garisenda, che però comportano la necessità di ridisegnare radicalmente la mobilità nel centro cittadino.

Il futuro di Bologna attraverso la sua mobilità: le questioni Garisenda, Città 30, Tram e Passante

La somma di queste quattro variabili rappresenta una sfida enorme per la città di Bologna. E la concomitanza dei cantieri delle varie opere mette a dura prova la pazienza dei bolognesi, rischiando di compromettere i rapporti con l’Amministrazione, ma soprattutto rendendo molto difficile la vita dei cittadini.
Non tutti i bolognesi, infatti, vivono in centro e possono spostarsi in biciletta o a piedi. Se è sacrosanto disincentivare l’utilizzo del mezzo privato, sia per questioni ambientali che di sicurezza stradale, il cambiamento degli stili di mobilità deve essere accompagnato da valide alternative. E non solo nel perimetro delle mura, dove spesso sembrano concentrarsi le politiche comunali, ma anche nel territorio periferico e della Città Metropolitana.

L’asso nella manica che viene tirato fuori ogni volta che si fanno questi ragionamenti è il Servizio Ferroviario Metropolitano. Un progetto che assomiglia a quello di una metropolitana di superficie, ma le cui promesse di potenziamento e implementazione hanno superato la maggiore età.
Faccio questa professione da ormai 25 anni e ho personalmente assistito a numerose conferenze stampa a tema Sfm. Poi però molto spesso le promesse fatte sono state disattese.
Oltre alla frequenza dei treni, inoltre, fondamentale è l’intermodalità, cioè la possibilità per un cittadino di utilizzare in modo pratico e veloce diversi mezzi del trasporto pubblico locale.
Qualcosa in questo senso, a dire il vero, c’è già. Ad esempio per i residenti della provincia la Regione regala l’abbonamento del bus se si sottoscrive l’abbonamento del treno. Ma queste opzioni sono così poco pubblicizzate che viene da domandarsi se lo scopo è di non farlo sapere troppo in giro.

A monte di tutti questi discorsi che ormai i bolognesi sentono e fanno da tempo, c’è la coerenza delle scelte fatte. E non v’è dubbio che tra il tram e il Passante, ad esempio, non vi sia alcun filo logico.
La domanda che sorge spontanea, quindi, è se questi significativi cambiamenti che vengono ora messi in cantiere tutti insieme rispondano a una visione complessiva ed organica del modello di mobilità cittadina o se, al contrario, siano semplicemente la somma di progetti ereditati dal passato insieme a quelli proposti nel presente senza una seria riflessione su come si immagina il futuro di Bologna.
La risposta è dirimente perché nel secondo caso il disastro che rischia di compiersi è di una portata colossale per la città.