Il 52,5% delle autiste di mezzi pubblici afferma di aver subito comportamenti indesiderati, anche verbali, a connotazione sessuale. La ricerca choc della Filt-Cgil su impulso della Consigliera di Parità della Regione Emilia Romagna. Baci, ricatti sessuali e omofobia, ma le denunce non partono. Aumento esponenziale anche per le aggressioni degli utenti.

Sono scioccanti i risultati di una ricerca condotta dalla Filt-Cgil di Bologna tra le lavoratrici e i lavoratori del trasporto pubblico, su input della Consigliera di Parità della Regione Emilia Romagna. Oltre la metà delle donne (52,5%) afferma di aver subìto molestie o comportamenti sgradevoli da parte di colleghi uomini.
Un dato che sorprende lo stesso sindacato, che aveva distribuito 416 questionari, ai quali hanno risposto il 39% delle lavoratrici e il 61% degli uomini.

Se è vero che sono in aumento le aggressioni, verbali o anche fisiche, subite dagli autisti da parte degli utenti, le donne però sembrano dover sopportare anche le battute o le angherie dei colleghi. “Il 52,5% delle donne afferma di aver subito comportamenti indesiderati, anche verbali, a connotazione sessuale – si legge nella presentazione della ricerca da parte della Consigliera di Parità Rosa Maria Amorevole – L’aggressione avviene prevalentemente da un soggetto interno all’organizzazione e il responsabile è prevalentemente un uomo”.

Il repertorio delle molestie va da frasi equivoche a doppio senso, battute o gesti volgari, apprezzamenti verbali su corpo e sessualità, richieste o proposte di prestazioni sessuali, fino a contatti fisici, come baci e abbracci indesiderati, che spesso sconfinano nel palpeggiamento. E per non farsi mancare nulla, anche atteggiamenti omofobi.
Molestie che avvengono a più riprese e durante l’orario di lavoro, che si aggiungono alle aggressioni degli utenti del servizio di trasporto, ma che non vengono denunciate. “Le ragioni – spiega Loretta Viani della Filt Cgil – stanno nel tipo di cultura in cui viviamo, che tende a colpevolizzare le vittime. Le donne spesso provano vergogna o viene minimizzato il problema che sollevano”.

Il sindacato finora non ha chiesto conto alle aziende di questo fenomeno. “Riteniamo che le aziende in cui abbiamo distribuito il questionario siano attente a questi aspetti – afferma Viani – Vogliamo però approfondire la questione, dal momento che le donne sono sottoposte ad ulteriori stress, che si traducono anche in costi aggiuntivi per le aziende, come le malattie. Cercheremo tutti insieme di studiare strumenti per arginare sempre più il fenomeno, anche cercando di far capire alle donne che devono segnalare anche gli episodi più piccoli”.