In due mesi di attività la mensa sociale a Vag61 ha stretto relazioni per garantire un pasto di qualità a prezzi sostenibili. L’esperienza prosegue e si allarga. A fine gennaio un’assemblea con le realtà interessate e l’attivazione di laboratori per fare il pane o la pasta.
Mangiare come un ricco ma senza spendere come un ricco. È da questo assunto, che sembra irrealizzabile nella società liberista dei consumi e ancor di più in epoca di crisi, che è nato il progetto “Eat The Rich“, la mensa sociale che si tiene ogni mercoledì a Vag61.
“Vogliamo superare il concetto di servizio – spiega ai nostri microfoni Matteo Lupoli, portavoce del progetto – La nostra non è un’altra mensa per poveri. Quelle esistono già e sono presso la Caritas o altre strutture”. Quello che si propone il progetto è invece di organizzare i bisogni e creare reti che rendano possibile l’accesso a prodotti di qualità ma a prezzi sostenibili. Ciò è possibile uscendo dallo schema imposto dalla grande distribuzione e dagli schemi di consumo attuali e tessendo relazioni con i produttori locali.
Il filo rosso che lega il progetto, attivo da due mesi, all’esperienza di Campi Aperti, di Gasbo e di altre realtà analoghe, dunque, passa anche per una vicinanza concettuale a queste esperienze. La sovranità alimentare ritorna con forza ad essere un concetto centrale e si traduce in esperienze autorganizzate per rispondere a bisogni primari come il cibo.
Studenti, precari e disoccupati, che finora si sono ritrovati negli spazi di via Paolo Fabbri, non l’hanno fatto solo per mangiare bene e spendere poco, ma per dare vita ad un progetto politico che ora si vorrebbe estendere.
Da fine mese, in particolare, verranno attivati alcuni laboratori – considerati la “cassetta degli attrezzi” dell’autoproduzione – per imparare a fare il pane, tirare la sfoglia o realizzare un forno a legna.
A fine gennaio, inoltre, si terrà un’assemblea che avrà lo scopo di estendere l’esperienza anche ad altri luoghi cittadini.
“Quello che ci preme sottolineare – spiega Lupoli – è che questa iniziativa deve estendersi e moltiplicarsi. Non vogliamo essere un’isola felice, ma riprodurre il modello negli spazi comuni e nelle case delle persone”.
Ciò perché la rete costruita da Eat The Rich rappresenta “l’unica vera alternativa alla grande distribuzione e ai progetti faraonici di Farinetti ed altri, come il Fico”.