«Teatri di Vita poteva farsi sfuggire la polemica estiva delle Olimpiadi?». È con una battuta che il direttore artistico di Teatri di Vita, Stefano Casi, presenta la prima parte della nuova stagione. È proprio ai cromosomi al centro della polemica olimpionica sulla pugile Imane Khelif e al scivoloso concetto di identità di genere si è ispirata la stagione autunnale di quello che sarà il ring-scena del centro di produzione teatrale nazionale.
“Cromosomi teatrali” è infatti il titolo del programma teatrale in partenza questo autunno, che si compone di 12 spettacoli a partire dal 27 settembre fino all’11 dicembre.

“Cromosomi teatrali”, l’avvio di stagione di Teatri di Vita dedicato al genere

“De-generati” sono i generi degli spettacoli previsti, in quanto si mischiano e si confondono, alla stregua di quelli relativi all’identità sessuale; e un ring la scena su cui i generi de-generati si sfideranno. «Più che il tema, gli stimoli e gli spunti sono i cromosomi, e quindi il genere», spiega Casi. L’arrovellarsi collettivo sul genere sessuale della pugile algerina Imane Khelif ha indotto il teatro di via Emilia Ponente a giocare con il concetto di cromosomi e quindi con la parola genere per concepire e strutturare il programma della stagione. Si può parlare infatti di «identità di genere – continua Casi – ma anche di genere come spettacolo: il genere teatrale che si confronta con altri generi, altri linguaggi, che vanno dalla letteratura, al cinema, alla musica. Una stagione degenerata quindi».

Il debutto della stagione, il 27 settembre, vedrà protagonista proprio la degenerazione assoluta: si inizia infatti con Frankenstein, prodotto da Elsinor e diretto da Ivonne Capece. Diversi sono i piani dello spettacolo che si (con)fondono: il linguaggio del teatro e del cinema, il palco e la platea dato che gli spettatori verranno coinvolti attraverso l’uso di cuffie wireless per sprofondare nell’universo sonoro dello spettacolo. Frankenstein e la sua creatrice, l’autrice del romanzo Mary Shelley. «Lo spettacolo – sottolinea il direttore artistico – parla più che del mostro Frankenstein dell’autrice di Frankenstein, cioè Mary Shelley, che in quanto donna dell’Ottocento era “mostruosa” nel voler fare una cosa che una donna di quell’epoca non poteva fare».

“La Donna fatta a pezzi”, dal 15 al 17 novembre, prodotto dal Teatro delle Donne e diretto da Filippo Renda, si confronta con il racconto della scrittrice algerina Assia Djebar: uno spettacolo che fa dialogare generi e linguaggi e affronta la condizione di oppressione delle donne proprio in Algeria.
Un altro spettacolo stratificato di linguaggi, a partire dal linguaggio dei segni Lis, è “Foresto”, di Babilonia Teatri, dal testo “La notte poco prima delle foreste” di Bernard-Marie Koltès. La diversità del migrante affrontata con linguaggi diversi, a partire da quello dell’attore sordomuto in scena che reciterà l’intero monologo con il linguaggio dei segni.

Infine verranno proposte repliche di spettacoli precedenti: l’ormai classico evə di Jo Clifford, dedicato all’identità di genere e alla violenza di genere. E il format di teatro politico XYZ Dialoghi leggeri tra inutili generazioni, che vedrà una dozzina di giovani attori in scena, in due diverse serate, l’11 e il 12 ottobre, con i due candidati alla presidenza della Regione Emilia Romagna, Michele de Pascale e Elena Ugolini, secondo un’impostazione che negli ultimi due anni ha visto come protagonisti in scena personalità da Matteo Lepore a Roberto Fico, da Massimo Zedda a Mattia Santori.

ASCOLTA L’INTERVISTA A STEFANO CASI: