Arvaia (che in dialetto bolognese significa “pisello”) non è una cooperativa agricola come le altre. Nasce ormai sette anni fa come progetto partecipato dalla cittadinanza, dalla comunità, nella coltivazione e nella gestione di un terreno di proprietà del Comune di Bologna presso il Parco Città campagna di Villa Bernaroli, nel quartiere Borgo Panigale. I cittadini volontari coltivano la terra in modo sostenibile e biologico, senza l’uso di pesticidi o di concimi artificiali e nel rispetto della natura.

Per queste ragioni, è ancora più incomprensibile l’attacco che Arvaia ha subìto nei giorni scorsi da ignoti che si sono firmati “Alf“, acronimo che sta per Animal Liberation Front, un noto movimento animalista, sedicente anarchico, che ha prodotto circa 10mila euro di danni alle attrezzature e alle colture della cooperativa.
Oltre a ciò, gli autori del blitz hanno lasciato scritte minacciose, accusando i soci di Arvaia di essere “assassini”.

Arvaia e la “colpa” di gestire le lepri

È difficile capire perché l’Alf abbia deciso di colpire una realtà come Arvaia in una regione dove l’agricoltura industriale e gli allevamenti intensivi la fanno da padrone ma, in seguito alle scritte lasciate dagli autori dell’attacco, si evince che il problema potrebbe essere rappresentato dalla gestione delle lepri.
«Noi ci troviamo in un’area di ripopolamento – racconta ai nostri microfoni Anna, una delle socie di Arvaia – Sono presenti fagiani, papagallini e anche le lepri». Per limitare i danni prodotti dagli animali alle coltivazioni, la cooperativa ha provato tutti i metodi incruenti a disposizione, rivolgendosi anche alla Regione.

Una soluzione adottata fino all’anno scorso, sempre su input della Regione, è stata la cattura delle lepri e la loro liberazione in un’altra area di ripopolamento, ma lontana dalle coltivazioni.
«Non abbiamo mai ucciso le lepri, è contrario ai nostri valori», sottolinea Anna, che fa sapere che nel 2021, tra l’altro, la cattura e il trasferimento delle lepri non è nemmeno avvenuto, dal momento che la cooperativa sta discutendo con un’associazione antivivisezionista per mettere a punto altre strategie per preservare le coltivazioni.
«Il problema è che tutti questi metodi sono costosi e comportano molto lavoro», sottolinea la socia di Arvaia.

Insomma, nessuna lepre è stata uccisa o ferita, ma la rabbia di un certo animalismo fondamentalista e un po’ ottuso non ha risparmiato l’attacco.
Sono 230 le famiglie socie di Arvaia che sostengono il lavoro della cooperativa. Attraverso un investimento di capitale e con la corresponsione di 16-17 euro, ogni settimana queste persone si vedono compensate con cassette di verdura e frutta di circa 7 chilogrammi.
Un modello virtuoso e diverso dall’agroindustria che è stato ingiustamente colpito e che meriterebbe di essere aiutato.

Come aiutare Arvaia

«Al momento abbiamo raccolto la disponibilità di un certo numero di soci che in questa settimana ci aiuteranno a ripristinare le attrezzature danneggiate – racconta Anna – Chiederemo ai nostri soci di venire ad aiutarci anche nei prossimi mesi. Stavamo anche pensando ad una festa di solidarietà e simpatia e forse un crowdfunding, ma essendo una cooperativa abbiamo modalità molto precise per accogliere contributi».

Il modo migliore per sostenere Arvaia, però, rimane quello di associarsi e, magari, sottoscrivere l’accordo per la fornitura di frutta e verdura.
«Potremmo avere facilmente altri 30-40 soci che si iscrivono – spiega Anna – Si tratta di una forma di sostegno molto valida, che può essere fatta in qualsiasi momento».

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ANNA: