È stato presentato ai giornalisti appena pochi giorni fa, più precisamente venerdì scorso, il cohousing di via Fioravanti 24, realizzato nelle strutture che fino a sei anni fa ospitavano il centro sociale Xm24. Questo pomeriggio, invece, il progetto di abitare collaborativo che coinvolgerà dieci nuclei famigliari per altrettanti appartamenti, verrà presentato alla cittadinanza a pochi passi dalla struttura stessa, alla Casa di Quartiere Katia Bertasi.
Un appuntamento, che vedrà impegnata la vicesindaca con delega alla Casa Emily Clancy e dirigenti comunali, che agli ormai ex militanti di Xm24 è suonato come «un ennesimo schiaffo». Per questa ragione, all’esterno del Katia Bertasi, è stato chiamato un presidio per le ore 17.
Il presidio degli ex di Xm24 alla presentazione del cohousing di via Fioravanti
«Gli attivisti di Xm si sono un po’ dispersi – racconta ai nostri microfoni Andrea, uno degli animatori del centro sociale – Abbiamo mantenuto rapporti amicali, alcuni hanno continuato a fare attività politica, altri un po’ meno. Quando abbiamo visto questa cosa ci è sembrato l’ennesimo schiaffo e abbiamo pensato tutti che fosse giusto essere lì».
Nello specifico, attiviste e attivisti si ritroveranno all’esterno del Katia Bertasi ma, confessano, «ci piacerebbe entrare e fare delle domande alla vicesindaca Emily Clancy, ma probabilmente le domande resteranno senza risposta», osserva l’attivista.
Proprio Clancy è al centro delle critiche perché nel precedente mandato, quando era all’opposizione, partecipò alla giornata in cui fu sgomberato Xm24, presentandosi al presidio e esprimendo solidarietà ad attiviste e attivisti che resistevano alle ruspe volute dal Comune.
Venerdì scorso, nel corso della presentazione del cohousing ai giornalisti, Clancy ha ribadito l’importanza che il centro sociale ha avuto per la città, ma ha aggiunto che l’epoca che sta vivendo Bologna oggi è ormai diversa.
«Abbiamo visto diverse persone partire dal basso, ma quando hanno raggiunto una poltrona hanno cambiato direzione», commenta amaramente l’attivista.
Agli ex animatori del centro sociale, però, non dà fastidio solo l’aspetto simbolico del cohousing in quella che era la loro sede. A fare rabbia è vedere come sia stata sgomberata una comunità di migliaia di persone per dare una casa ad appena 33 (questi i numeri presenti sul sito del progetto di cohousing).
Non solo: anche i requisiti presenti nel bando per partecipare al progetto, tra i quali avere svolto attività sociali, di volontariato o essere stati attivisti, agli ex del centro sociale suona come «una presa per i fondelli, l’ennesima frecciatina verso di noi».
In realtà, «il meccanismo crea richiedenti di casa di serie A e richiedenti di casa di serie B», un concetto che contestano.
ASCOLTA L’INTERVISTA AD ANDREA: