Venduto come risposta al protezionismo di Trump, il trattato di libero scambio col Canada (Ceta) è stato approvato dal Parlamento europeo. In molti avevano denunciato i rischi per l’ambiente e la salute, perché abbassa gli standard di qualità e sicurezza. Quali gli effetti per i lavoratori? Risponde l’economista Marta Fana

Il “fratello minore” del Ttip, il trattato sul commercio con gli Stati Uniti oggetto di forti proteste e arenatosi con l’arrivo di Trump, è stato approvato. Il Parlamento europeo ha infatti dato il via libera ieri al Ceta, l’analogo trattato con il Canada.
È una risposta al protezionismo di Trump“, così hanno provato a venderlo i sostenitori. Il Pd si è spaccato e due terzi degli europarlamentari ha votato a favore.

Forti le proteste di ecologisti come Greenpeace, che accusano l’Ue di aver svenduto l’ambiente per fare un favore al commercio, ma anche realtà che si occupano di qualità e sicurezza alimentare, come Slow Food, hanno lanciato l’allarme. Per favorire gli cambi commerciali, infatti, il Ceta abbassa gli standard qualitativi e di sicurezza europei.
Un esempio su tutti: il glifosato. Il diserbante messo al bando in Italia e discusso in Europa per i danni alla salute è utilizzato in Canada per essiccare il grano, la materia prima d’oltreoceano più esportata in Europa. Grazie al Ceta, sulle nostre tavole potrebbe arrivare più liberamente grano contaminato.

Anche per i lavoratori, però, si prevede un impatto. “Il trattato è il trionfo del mercato sulla politica”, sostiene l’economista Marta Fana, che sottolinea gli effetti dell’abbattimento delle tariffe doganali su settori strategici come appalti e servizi pubblici.
“Il capitolo dedicato ai diritti dei lavoratori nel Ceta è l’unico non vincolante – osserva Fana – Avendo le multinazionali il potere di citare in giudizio gli Stati, tutto ciò che riguarda i diritti dei lavoratori non entra in modo vincolante nella risoluzione della disputa”.

In altre parole, il Ceta non recepisce quelli che sono i minimi standard stabiliti dall’Ilo, l’organizzazione internazionale del lavoro. Ciò significa, ad esempio, che non c’è alcuna clausola che preveda il rispetto dei diritti umani. La stessa cosa vale per le ispezioni sul lavoro o le politiche per l’occupazione. O ancora: ad essere assenti sono i diritti sulla mobilità dei lavoratori o sulla protezione dei lavoratori migranti. Se da un lato il trattato favorirebbe la possibilità di trovare lavoro in Canada, dall’altro non verrebbe garantito alcun diritto minimo.

Ora, per entrare effettivamente in vigore, il Ceta deve essere recepito e ratificato dagli Stati membri.
La partita, quindi, non è ancora finita e i contrari a questo trattato hanno intenzione di iniziare una mobilitazione per esercitare pressione su governi e parlamenti. Sarà interessante vedere come si muoverà la politica, se presterà ascolto alle istanze popolari o continuerà ad elargire favori alle multinazionali e alle lobby economiche.