Non si spengono le polemiche sul caso della “diserzione” in blocco del posto di lavoro nella notte di capodanno da parte dei vigili urbani di Roma. Tra certificati falsi e donazioni del sangue ad hoc si è parlato di centinaia di assenze, eppure non sono più di 90, per il momento, i casi al vaglio degli ispettori del ministero.
La vicenda dei vigili urbani assenti dal posto di lavoro a Roma nella notte di San Silvestro continua a scuotere le coscienze di quanti, complice un battage politico-propagandistico di dimensioni notevoli, desiderano una stretta al malcostume dei dipendenti pubblici.
I fatti, per come sono stati riportati dalla stampa, sono i seguenti. Nella notte del 31 dicembre l’83% dei vigili urbani di Roma si sono dati malati o hanno preso un permesso per la donazione del sangue. Le assenze, nell’ordine delle centinaia, sarebbero state studiate a tavolino. Solo che, a guardare bene i numeri, nel computo degli assenti dal lavoro (per il quale quella notte il reclutamento avveniva su base volontaria e con la formula del lavoro strordinario) sarebbero rientrati vigili in pensione e vigili deceduti (ai quali sarebbe stato davvero difficile chiedere un ulteriore sforzo). Inoltre, dei centinaia di casi denunciati, soltanto una novantina sarebbero al vaglio degli ispettori del ministero e del comando.
Molto più prosaicamente, hanno fatto sapere alcuni vigili in servizio a Roma, è in corso nella capitale un braccio di ferro tra Comando e Campidoglio da una parte e vigili urbani dall’altra, per l’annunciato taglio del salario accessorio, con una perdita prevista in busta paga tra i 100 e i 500 euro. L’assenteismo dunque, che avrebbe dimensioni ben più ridotte di quello denunciato dal primo cittadino e dal Governo, potrebbe essere, secondo alcuni, una forma di protesta contro le misure annunciate dal sindaco Marino.
Ma c’è un altro aspetto, più nascosto, che è bene sottolineare, seppur in via del tutto ipotetica. Dopo le polemiche sull’applicazione del Jobs Act ai dipendenti pubblici (l’aspro scambio di battute tra Ichino e Madia delle settimane scorse) e con le incertezze per il futuro dei dipendenti delle ex-province (in 20 mila rischiano il posto), sembra proprio che un provvedimento sui licenziamenti facili anche nella Pubblica Amministrazione non darebbe troppo dispiacere all’esecutivo.
Le norme contro l’assenteismo, insomma, già esistono nonostante il giro di vite annunciato da Renzi. Se ci sono stati abusi, che si puniscano, ma non con una logica comunicativa propagandistica che, peraltro, nel proclamare la stagione del repulisti non fa cenno a quanti, i medici di base, eventuali certificati falsi hanno redatto e firmato.
“Il governo- dice ai nostri microfoni Michele Vannini, segretario Fp-Cgil Emilia-Romagna– deve fare una scelta di fondo: o per il lavoratori pubblici si decide l’equiparazione ai privati, sbloccando la contrattazione, o si decide la ripubblicizzazione e allora il Jobs Act non può essere applicato. Proclami e attacchi, non servono certo a rasserenare il clima.”