L’Emilia-Romagna si prepara a regolamentare gli affitti brevi turistici con una legge ad hoc entro fine anno. Lo farà puntando soprattutto sull’urbanistica, dando cioè ai Comuni la possibilità di scegliere in quali zone consentire l’attività e in quali limitarla. È considerato invece marginale il ricorso alla leva fiscale. Sono queste almeno le intenzioni iniziali della Regione, che ha convocato tutte le parti interessate per avviare un confronto propedeutico alla stesura della legge vera e propria.
Il percorso dell’Emilia-Romagna per una legge sugli affitti turistici
A delineare le tappe di questo percorso sono gli assessori alla Casa e al Turismo di viale Aldo Moro, Giovanni Paglia e Roberta Frisoni. Un primo incontro sarà convocato entro maggio, per fare il punto della situazione con enti locali, sindacati e associazioni di categoria. Invitate anche le grandi piattaforme, come AirBnb, che però al momento «non hanno risposto – sottolinea Paglia – ma è ancora presto. Se non risponderanno le solleciteremo, perchè vorremmo avere tutti al tavolo. Più sono i presenti più partiamo col piede giusto».
L’obiettivo finale è avere una legge «la più condivisa possibile – spiega Paglia – per aumentare la disponibilità di casa per famiglie e lavoratori, offrendo al contempo ai turisti il massimo dell’accoglienza». Ad oggi, garantisce l’assessore, «non abbiamo soluzioni preconcette». Ma qualche idea c’è già.
Una possibile strada da intraprendere, ad esempio, è «consentire ai Comuni di decidere in quali aree spingere queste attività e in quali invece restringere al minimo», spiega Paglia. Da questo punto di vista il Comune di Bologna, che ha inserito nel proprio regolamento urbanistico una classe specifica per gli alloggi in affitto turistico e standard minimi di abitabilità, ha vinto di recente di fronte al Tar in tre differenti ricorsi proprio contro questi provvedimenti.
Anche per la Regione si tratta di «indicazioni molto importanti – sottolinea l’assessore alla Casa – perchè ci dicono che quella strada è percorribile fino in fondo. È sicuramente un’ipotesi di lavoro». Del resto, sottolinea Paglia, «una cosa è certa: l’urbanistica è di competenza regionale».
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Più prudente, invece, l’approccio a Imu e Tari, su cui «non ci sono molti margini di intervento». In questo senso, segnala Frisoni, il ricorso alla leva fiscale «rischia di essere marginale. Noi invece vogliamo qualcosa di più strutturato». In particolare, insiste l’assessora al Turismo, «vogliamo trovare un nuovo equilibrio tra il diritto all’abitare, l’offerta turistica e la qualità dei nostri territori. Ci sono zone e località in cui gli affitti turistici brevi possono aiutare dal punto di vista dell’attrattività, mentre a Bologna e sulla costa stanno creando delle frizioni. I Comuni hanno il polso della situazione meglio di tutti gli altri, per questo vogliamo dare loro le leve normative per regolamentare il fenomeno», ognuno in base alle proprie esigenze e caratteristiche territoriali.
Secondo la Giunta regionale, del resto, «è importante intervenire ora anche a salvaguardia dei territori rispetto a fenomeni di espulsione di massa, come a Venezia o a Firenze, che qui ancora non ci sono – sottolinea Paglia – ma ci stiamo avvicinando e non vogliamo chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati».
Il problema si è peraltro aggravato negli ultimi anni. Solo a Bologna, la Regione stima circa 6.700 alloggi dedicati agli affitti brevi, a fronte di una domanda abitativa di 16.912 alloggi (dati 2022).
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