La famigliola di classe media che mette in affitto turistico l’appartamento della nonna defunta per integrare il proprio reddito e arrivare alla fine del mese è sempre più una favoletta. Lo si evince dallo studio di Mattia Fiore, dottorando dell’Università di Bologna, sugli annunci di immobili o stanze in affitto breve in città ospitati sulla piattaforma Airbnb.
In particolare i cosiddetti multi-host, cioè i proprietari di più immobili messi sul mercato della locazione breve, rappresentano quasi il 60% dell’offerta di alloggi turistici, concentrando di fatto la ricchezza derivante dal settore.

Su Airbnb si fanno strada i multi-host: corporation che usano gli affitti turistici per fare profitto

Fiore ha presentato alcuni dati della sua analisi venerdì scorso, durante un seminario organizzato all’interno del festival Politicamente Scorretto e intitolato “Raccontare l’overtourism e i suoi impatti a livello sociale, economico e criminale”. E ciò che segnala è che a Bologna, dopo la pandemia, su Airbnb sono in atto mutazioni che stanno cambiando dall’interno la piattaforma stessa, trasformandola dall’intento originario dichiarato di “sharing economy”, cioè economia della condivisione, in uno strumento di impresa che vede nella casa e nel suo utilizzo per gli affitti turistici un vero e proprio asset finanziario.

Lo studio del dottorando parte dalla constatazione che l’aumento degli alloggi destinati al mercato della locazione turistica è direttamente proporzionale all’aumento dei flussi turistici a Bologna.
Quasi un anno fa, al 31 dicembre 2023, erano quasi 5mila gli annunci di appartamenti rivolti ai turisti e ai visitatori di Bologna ospitati su Airbnb, più precisamente 4785.
Un primo elemento interessante emerge mettendo a confronto la mappa geografica sulle zone della città in cui insistono principalmente gli annunci e quella sulla residenza degli studenti dell’Università di Bologna. Due mappe quasi identiche che raccontano di come siano proprio gli studenti le prime vittime della turistificazione, poiché si vedono “soffiare” gli appartamenti dai turisti.

L’elemento più rilevante, quello che racconta meglio la natura del fenomeno degli affitti turistici, è relativo alla proprietà e alla gestione degli appartamenti. Dai dati, infatti, emerge che da dopo la pandemia i proprietari che possiedono un solo alloggio messo sul mercato della locazione breve rappresentano una minoranza (42%), mentre ormai quasi sei alloggi turistici su dieci sono nelle mani dei multi-host, cioè di coloro che hanno il controllo (proprietà o gestione) di più appartamenti.
All’interno di questo segmento, inoltre, si stanno facendo strada i cosiddetti “corporate host”, cioè operatori professionali, imprese che fanno della locazione turistica degli appartamenti una vera e propria attività economica. Complessivamente i corporate-host gestiscono il 30% di tutti gli immobili messi in affitto per i turistici.

Fiore riporta anche il caso di un palazzo di via Irnerio che, dopo la recente ristrutturazione, ha trasformato tutti e 16 gli alloggi in appartamenti in affitto su Airbnb, dando a ciascuno il nome di una porta di Bologna.
O ancora il nome di Rino, un host che si descrive come amante dei viaggi e desideroso di far conoscere ai turisti le bellezze della propria città, dietro cui si nasconde una società che gestisce 56 alloggi, principalmente di lusso, con tariffe che posso arrivare a mille euro a notte.

Tra le corporation che detengono il maggior numero di alloggi a Bologna, a guidare la classifica è Wonderful Italy, che gestisce ben 195 alloggi. Si tratta di un’azienda co-fondata da Oltre Venture, il primo fondo italiano di impact investing, e da Michele Ridolfo attiva su tutto il territorio nazionale.
Al secondo posto troviamo Realkasa, agenzia immobiliare specializzata in affitti brevi a Bologna, con 91 alloggi. Appena dieci alloggi in meno, cioè 81, sono sotto il controllo di Welcome to Emilia-Romagna & Marche, mentre sotto lo pseudonimo di “Rino” si cela Urnest, sito di proprietà di Driope s.r.l., società fondata da Simone Tortini.

Non necessariamente le corporation sono proprietarie degli immobili destinati ai turisti. In alcuni casi offrono semplicemente servizi di intermediazione per i veri proprietari, anche se si trovano lontani da Bologna, ad esempio gestendo i check-in e le pulizie degli alloggi, in cambio di una quota dell’incasso solitamente attorno al 30%.
«A mio parere sono questi i soggetti da attenzionare in questo momento – spiega il dottorando – perché stanno trasformando dall’interno la piattaforma in qualcosa di diverso».
L’avanzare di soggetti imprenditoriali, spesso afferenti al mondo della finanza, che gestiscono una fetta consistente del patrimonio immobiliare bolognese è alla base di un pezzo della trasformazione del mercato immobiliare in città, con gli impatti sulla popolazione residente e le emergenze che negli ultimi anni sono emerse nel nostro territorio.

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