I riflettori internazionali si sono improvvisamente riaccesi sulla Siria dopo l’offensiva portata avanti negli ultimi giorni da ribelli islamisti, che sono riusciti a conquistare la città di Aleppo. È a tutti gli effetti una recrudescenza del conflitto che va avanti ormai dal 2011 e su cui si sono innestati interessi internazionali e geopolitici.
Le forze ribelli che si oppongono al governo guidato da Bashar al-Assad hanno lanciato la più ampia offensiva realizzata da anni contro l’esercito regolare, provocando da un lato la ritirata da Aleppo delle forze fedeli al governo e dall’altro bombardamenti russi per cercare di contrastare l’avanzata.
Aleppo sotto il controllo dei ribelli islamisti, la corrispondenza dalla Siria
A raccontare ciò che sta accadendo in Siria è Andrea Sparro, rappresentante della Siria per la ong WeWorld. Sparro si trova a Damasco e racconta dell’avanzata islamista su Aleppo, dove è presente una ventina di operatori della ong. «Alcuni si sono chiusi in casa, uscendo solo per procurarsi cibo, che è diventato difficile – racconta il cooperante – Altri di propria volontà hanno deciso di scappare verso Damasco, attraverso le poche strade libere. Alcuni ci hanno messo 24 ore perché bloccati nel traffico».
Al momento della corrispondenza, Sparro preventivava che le comunicazioni su Aleppo sarebbero state interrotte e successivamente sostituite da servizi di comunicazione turchi, come già avviene nelle aree del nord ovest da cui provengono i ribelli.
A guidare l’offensiva è Hayat Tahrir al Sham (Commissione per la liberazione della Siria), un gruppo armato composto da milizie jihadiste capeggiate da Abu Mohammad al-Jolani, fondatore nel 2012 dell’ala siriana di al-Qaida, ma poi staccatosi dal qaidismo internazionale per dar vita a una forma più pragmatica di jihadismo politico con base nella regione nord-occidentale siriana di Idlib. Proprio qui nel corso degli anni la Turchia ha esteso la sua influenza politica e militare diretta, avendo già occupato ampie zone del nord-ovest e del nord-est della Siria.
Abu Mohammad al-Jolani non ha mai ammesso legami diretti con Ankara, ma viene considerato un agente del sistema di potere del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
Lo zampino o almeno il sospetto sul coinvolgimento turco è dato anche da un altro elemento. Tra le forze islamiste ribelli c’è anche un’altra coalizione, il cosiddetto Esercito nazionale siriano, Jaysh al watani, creazione diretta dei servizi di sicurezza militari e dell’esercito turco che nel corso degli anni ha inglobato una serie di fazioni della rivolta siriana del 2011-12 espulse a partire dal 2014 da Homs, Aleppo, Hama, Daraa e dalla regione di Damasco durante la fase di riconquista governativa, russa e iraniana.
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