Quando il sindaco di Bologna Matteo Lepore decise di esporre la bandiera palestinese sulla facciata di Palazzo D’Accursio per accendere i riflettori sul conflitto in Medio Oriente e sul genocidio in corso a Gaza le polemiche non mancarono. Così come la maggioranza fu attaccata quando invitò a parlare Omar Barghouti, fondatore della Campagna Bds (Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni). Dal 7 ottobre ad oggi sono stati diversi i momenti di dissidio con la comunità ebraica bolognese attorno a ciò che sta accadendo in Palestina, ma le crisi sembrano essere sempre rientrate.

Lo scorso 22 aprile il Consiglio comunale di Bologna ha approvato un odg che «invita il sindaco e la giunta ad adottare una politica di appalti etici (PAE) che tenga conto del coinvolgimento degli offerenti e dei membri della sua entità economica in gravi violazioni dei diritti umani e/o del diritto internazionale (ad esempio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità) e che consenta quindi al Comune di Bologna di escludere tali soggetti». La richiesta, replicata poi nell’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna, arrivava dal coordinamento cittadino Bologna per la Palestina, composto da una quarantina di associazioni e formatosi dopo l’inizio dell’assedio a Gaza.

Appalti etici, a realizzare il tram anche una società complice di Israele

«Ora abbiamo un’interlocuzione aperta col Comune – spiega ai nostri microfoni Mario del coordinamento – e dovremo fare un incontro a brevissimo per verificare come il Comune di Bologna sta applicando le misure per gli appalti etici».
Di sicuro le misure non saranno retroattive e a testimoniarlo è il fatto che attualmente nei lavori di realizzazione delle linee del tram a Bologna, assegnati prima dell’approvazione dell’odg, sta operando un’azienda che collabora con Israele e che è inserita anche in una blacklist delle Nazioni Unite. Si tratta di Alstom, assegnataria della gara all’interno di un consorzio che include la cooperativa Cmb (capogruppo) e Pavimental spa.

Sono due le società di Alstom coinvolte nei lavori del tram (Alstom ferroviaria spa e Alstom Transport sa). Alstom S.A. è inclusa dal 2020 nel database delle Nazioni Unite, la lista nera che elenca 112 imprese coinvolte in attività economiche nelle colonie israeliane nei Territori Palestinesi Occupati, illegali ai sensi del diritto internazionale. Nello specifico, l’azienda è inclusa in quanto società madre di Bombardier Transportation Israel Ltd, acquistata nel 2021, ed è coinvolta in relazione a due categorie di attività illegali evidenziate nel database: «la fornitura di servizi e utenze a sostegno del mantenimento e dell’esistenza di insediamenti, compresi i trasporti» e «l’utilizzo di risorse naturali, in particolare acqua e terra, a fini commerciali».

Sono diversi i progetti controversi, in particolare nei territori occupati illegalmente da Israele in Palestina, in cui spunta il nome di Alstom, nonostante la stessa società nel suo Codice Etico affermi di rispettare i Principi Guida delle Nazioni Unite in materia di imprese e diritti umani e la legislazione internazionale sui diritti umani.
«Se per la gara del tram ci fossero state delle misure di appalti etici, Alstom sarebbe stata esclusa – osserva l’attivista – Ci aspettiamo che in futuro il Comune prenda delle misure per mettere in pratica queste risoluzioni e escluda aziende come queste dagli appalti».

La battaglia con la Coop per cessare la vendita di prodotti israeliani

La battaglia nonviolenta per il boicottaggio dello Stato israeliano condotta dal coordinamento Bologna per la Palestina, però, non è finita. Oltre agli appalti pubblici, attiviste e attivisti hanno preso di mira anche la grande distribuzione organizzata, in particolare la Coop, chiedendo di cessare la vendita di prodotti israeliani ricavati dai territori occupati illegalmente.
«L’iniziativa è partita da Bologna – racconta Mario – con la richiesta di socie e soci a Coop Alleanza 3.0 e si è allargata ad altre regioni ed altre centrali cooperative, come Coop Tirreno e Unicoop Firenze».

La richiesta di interrompere la vendita di prodotti israeliani nelle Coop potrebbe avvenire, sottolineano attiviste e attivisti, secondo lo stesso Codice Etico della cooperativa di consumo.
«Proprio in questi giorni abbiamo scritto l’ennesima lettera a Coop Italia, che riunisce tutte queste cooperative, per ribadire la richiesta di socie e soci. Si è anche formato un coordinamento interregionale che sostiene questa iniziativa», conclude l’esponente di Bologna per la Palestina. Nel frattempo il coordinamento si ritroverà in assemblea domani pomeriggio, 11 settembre, a Làbas per rilanciare la mobilitazione contro il genocidio.

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