Torna “Note a pie’ pagina”, la rubrica che racconta storie di musica, curata dalla redazione di storiche e storici di Vanloon. Dopo il grande debutto con la storia di “Cop Killer”, la storia di oggi resta negli Stati Uniti e vi racconta un aspetto poco noto di “Strange fruits”. Il brano, portato al successo da Billie Holliday, in realtà ha un altro autore ed è una canzone che ha incontrato molti ostacoli sulla propria strada, proprio a causa dell’argomento che trattava.

Billie Holiday, Abel Meeropol e “Strange fruits”

È una sera di primavera del 1939 ma nella sala concerti del Café society del Greenwich village è calato il gelo: non una parola, figuriamoci se qualcuno si metta a battere le mani. Strano, visto che in cartellone quella sera al Café society c’è Billie Holliday, una delle voci più richieste delle radio americane, che ha appena eseguito addirittura un nuovo pezzo in anteprima assoluta. Ma la canzone che ha appena finito di eseguire è un pugno nello stomaco: senza giri di parole o metafore tratte dall’antico testamento come è abitudine dei gospel o dei canti di lavoro, Holliday ha denunciato la violenza del razzismo e della segregazione razziale. È “Strange fruits”, il brano che rimarrà cucito addosso per sempre alla cantante afroamericana, ma nel 1939 fa veramente paura.

ASCOLTA STRANGE FRUITS:

Gli alberi del sud hanno uno strano frutto,
Sangue sulle foglie e sangue alle radici,
Corpi neri oscillano nella brezza del sud,
Uno strano frutto appeso dagli alberi di pioppo.

Nel 1930 a Marion, stato dell’Indiana, Thomas Ship e Abrahm Smith erano stati linciati dalla folla e la foto dei loro corpi appesi aveva fatto il giro del paese non tanto come testimonianza dell’orrore quanto come souvenir del “vecchio sud”, un posto in cui secondo molti i negri, a differenza del nord, sanno stare al loro posto. Queste cartoline, arrivate anche a Nwe York, fanno nascere le dure parole di “Strange Fruits”.
Se è molto nota la storia alla base di “Strange fruits”, poco si è parlato di chi quella canzone l’ha veramente scritta, Lewis Allan: pseudonimo di Abel Meeropol, paroliere, insegnante ebreo di New York, militante comunista, oppure uno dei grandi dimenticati della storia della musica.

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