I portuali di Gioia Tauro sono pronti all’agitazione qualora il Governo e la Prefettura non diano le garanzie sulla sicurezza per il trasbordo delle armi chimiche siriane. Macrì: “Noi pattumiera d’Europa”. Romeo: “I sindaci possono bloccare l’operazione”.
La notizia sull’arrivo delle armi chimiche siriane nel porto di Gioia Tauro, indicato come sito in cui avverrà il trasbordo dell’arsenale che dovrà poi essere smaltito in acque internazionali, getta nel panico la popolazione locale e i portuali. Da un lato c’è paura per le scarsissime informazioni che finora sono state date, in particolare su quali saranno i piani di emergenza e sicurezza, dall’altro la rabbia per un territorio di cui ci si ricorda solo per occasioni di questo tipo.
A mettere in fila le ragioni dell’apprensione è Mimmo Macrì, sindacalista del Sul – Coordinamento Portuali: “Ancora non sappiamo nulla dell’operazione, non sappiamo se la movimentazione dei container dovrà essere effettuata da noi o da militari ed aziende esterne, ma soprattutto non sappiamo quali misure per la sicurezza verranno predisposte”.
Il sindacalista ricorda i rischi nel movimentare gas nervino ed altri armi chimiche e punta l’accento sulle infrastrutture presenti nel territorio: “L’ospedale più vicino è a 60 kilometri e non sappiamo se è pronto ad affrontare un’eventuale emergenza”. Per contro, la Prefettura non ha ancora predisposto un piano di evacuazione per la popolazione civile.
Gli fa eco Pino Romeo del Tavolo Tecnico Ambientale della Piana di Gioia Tauro, che ricorda come il territorio sia interessato da quattro fagli sismiche attive di livello 1. “Anche se l’operazione dovrebbe essere sicura – osserva Romeo – in ogni intervento bisogna tenere conto sia del criterio deterministico che di quello probabilistico”. Ciò non viene fatto, ad esempio, per gli altri impianti che insistono tutti sull’area portuale di Gioia Tauro: due inceneritori, un depuratore e un costruendo rigassificatore, che nelle intenzioni del governo dovrebbe essere il più grande d’Europa.
Tutte opere che portano gli abitanti a protestare per essere considerati la pattumiera d’Europa e ad accusare il governo di ricordarsi di loro solo quando ci sono rifiuti da smaltire.
“Da tre anni a questa parte, ogni mese, ci sono 486 portuali in cassa integrazione – ricorda Macrì – Ogni anno l’Inps spende 15 milioni di euro che potrebbero essere investiti in altro modo”.
Il sindacalista ricorda che il porto di Gioia Tauro movimenta il 50% dei container che passano per l’Italia. Nonostante questo la politica sembra ricordarsi della piana solo durante la campagna elettorale, come calderone di voti.
Tornando alle armi chimiche siriane, tutto è ormai scritto? Non è detto. Intanto quest’oggi i tre Comuni che si affacciano sul porto (tra cui il tristemente noto Rosarno) si riuniranno a San Ferdinando per decretare lo stato di emergenza. Inoltre, secondo Pino Romeo, i sindaci, in quanto primi responsabili dell’incolumità della popolazione, hanno la possibilità di applicare il principio di precauzione, emanando un decreto che, di fatto, bloccherebbe l’operazione.