La settimana scorsa oltre un milione di studentesse e studenti universitari sono scesi in piazza in venti città dell’Argentina per protestare contro le manovre del governo Milei sull’istruzione pubblica. Per il presidente Javier Milei il finanziamento all’Università pubblica è un «buttare i soldi», mentre per gli argentini è un’occasione di ascensore sociale.
Si tratta solo dell’ultima manifestazione di dissenso dopo lo shock della vittoria dell’anarco capitalista di estrema destra, avvenuta il 19 novembre dell’anno scorso.
Il fenomeno Milei: come l’Argentina è finita nelle mani dell’estrema destra
A raccontare com’è stata possibile la presa del potere da parte di Milei in Argentina ai nostri microfoni, intervistato da Chiara Guerrieri, è l’esule giornalista e scrittore Martín Caparrós, recentemente intervenuto al festival di Internazionale a Ferrara.
In Europa la vittoria di Milei è apparsa sorprendente e a tratti incomprensibile, in particolare per il passato della stessa Argentina e il ricordo della dittatura militare di appena quarant’anni fa. «Durante questi quarant’anni – osserva Caparrós – ci sono stati degli usi politici della memoria dei crimini militari. Io credo che i governi Kirchner, prima di Nestor e della sua vedova Cristina poi, hanno fatto un uso di questa memoria che ha fatto sì che molta gente si stancasse o si infastidisse».
Il giornalista e scrittore sottolinea come organizzazioni che in teoria servivano per mantenere viva la memoria di ciò che fu la dittatura siano state coinvolte in episodi di corruzione. «Quindi molta gente ha iniziato ad equiparare la memoria con la corruzione, col malgoverno e questo ha permesso di spazio a persone che si sono fatte votare dicendo “Non può essere, i militari non erano poi così male” come nel caso di Milei e soprattutto della sua vicepresidente Eugenia Villaruel che è nipote e figlia di quei militari e grande sostenitrice della causa militare», sottolinea Caparrós.
Le politiche antipopolari e le prime forme di resistenza
Dal suo insediamento ad oggi, Javier Milei non ha esitato ad applicare le più feroci e antipopolari politiche liberiste, come la riduzione dei salari e del tenore di vita della popolazione argentina, ma sulla sua strada finora non ha incontrato grandi opposizioni politiche.
«In Argentina attualmente manca un progetto politico che si opponga a Milei – spiega il giornalista – perché quelli che hanno governato negli ultimi vent’anni, come i governi Kirchner e sicuramente Macri, hanno fallito così tanto da far in modo che pochissimi argentini continuassero a credergli creando, al contrario, una rabbia e un odio così forte nei loro confronti che spiega perché persone come Milei si siano imposte».
Se i partiti stentanto a fare opposizione, la resistenza in Argentina sembra invece venire dal basso, come appunto hanno dimostrato le manifestazioni degli universitari. «È a partire da qui che si costruiranno focolai di resistenza che potranno mettersi davvero contro Milei, ma nel frattempo lui sta approfittando del fatto che quasi non ci sono proposte serie contro di lui», rimarca Caparrós.
Un ruolo lo sta giocando anche il giornalismo, che è ferocemente preso di mira dal presidente argentino. «Milei si rivolge ai giornalisti con nomi orribili definendoli vermi, venduti, nullità, pezzi di merda, dice sempre cose terribili nei loro confronti e basta una critica di un giornalista per far sì che Milei lo insulti pubblicamente – sottolinea il giornalista – Ma stupidamente ciò che ottiene è che anche quelli che potrebbero essere a suo favore siano già un po’ in disaccordo perché ovviamente non gli piace il modo in cui i loro amici o colleghi sono attaccati di continuo».
ASCOLTA L’INTERVISTA A MARTÌN CAPARRÒS:
Traduzione di Chiara Guerrieri