Esattamente 40 anni fa, il 22 maggio del 1978, il Parlamento approvava la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza. La legge 194 è stata a più riprese boicottata, ad esempio con l’obiezione di coscienza, ma il movimento femminista Non una di meno rilancia chiedendo molto di più. Le iniziative di oggi e la manifestazione del 26 maggio.

Era il 22 maggio del 1978 quando il Parlamento approvava la legge 194, che disciplinava l’interruzione volontaria di gravidanza. Una legge resa necessaria anche per contrastare il problema degli aborti clandestini, che mettevano a repentaglio la salute e la vita stessa delle donne.
Oggi, a distanza di quarant’anni, sono numerosi i tentativi di boicottaggio della legge e, in una certa misura, l’obiettivo delle frange conservatrici del cattolicesimo è stato raggiunto.

Basti pensare che, nel 2018, l’obiezione di coscienza – contenuta nella legge – ha raggiunto una media nazionale del 70%. Ma in alcune regioni è addirittura del 90%. ha Solo 390 delle 654 strutture dotate di reparti di ostetricia e ginecologia effettuano interruzioni di gravidanza, con il risultato che l’interruzione volontaria di gravidanza è sempre più un percorso a ostacoli.

L’aborto farmacologico è somministrato da pochi ospedali e in modo limitato, mentre la stessa legge 194 prevede l’uso delle tecniche più aggiornate a tutela della salute della donna. Inoltre, riguardo gravidanza e parto, oltre il 20% delle donne racconta di aver subito umiliazioni e pratiche violente durante il parto, mentre l’accesso gratuito agli esami diagnostici durante la gravidanza è compromesso dalla carenza di strutture pubbliche, con conseguenze gravi sulla salute e sul benessere delle donne, soprattutto quelle più povere e precarie.

Il movimento femminista Non una di meno, però, affronta questo anniversario e i relativi arretramenti registrati sul versante del diritto all’autodeterminazione delle donne puntando in avanti e chiedendo “molto più di 194”, cioè molto più di quanto prevede la legge.
Una legge fortemente e volutamente ambigua, lontana dalle rivendicazioni femministe e più vicina, nella sua stesura finale, al compromesso al ribasso giocato dalle forze cattoliche e più conservatrici dello Stato“, viene definita la 194 dalle femministe.

Le rivendicazioni riguardano la contraccezione gratuita, l’accesso gratuito all’assistenza sanitaria per l’ivg, la gravidanza e il parto indipendentemente dalla cittadinanza e dai documenti, gli obiettori fuori dalle strutture sanitarie pubbliche e dalle farmacie, la RU486 a 63 giorni e senza ospedalizzazione, somministrata anche nei consultori pubblici, l’eliminazione delle sanzioni amministrative per le donne che ricorrono all’aborto fuori dalle strutture sanitarie pubbliche, welfare per l’autodeterminazione, la sanità pubblica, laica e a nostra misura, i consultori aperti alle donne di qualunque età, alle persone gay, lesbiche, trans e alle migranti e l’educazione sessuale nelle scuole.

A Bologna, Non una di meno ha organizzato due giorni di mobilitazione: oggi e sabato. Oggi, in particolare, in piazza Verdi ci sarà un’intera giornata di “attivazione e riappropiazione delle nostre strade e dei nostri corpi”.
Sabato 26 maggio, invece, alle 16.00 in piazza Nettuno ci sarà il concentramento per un corteo.

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