Sono passati 80 anni dell’eccidio di Monte Sole. Tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944 in una larga operazione nazifascista sulle colline bolognesi furono trucidate 770 persone di cui 216 bambini, 142 ultrasessantenni, 316 donne. L’eccidio viene compiuto in 115 luoghi: paesini, case sparse, chiese.
Il programma delle commemorazioni, sempre molto intenso, quest’anno annovera la visita ufficiale del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, e del suo omologo tedesco, Frank-Walter Steinmeier. Una visita congiunta che arriva dopo la prima, nel 2002, di Carlo Azeglio Ciampi e Johannes Rau.
80 anni dall’eccidio di Monte Sole, la visita dei presidenti
«Ventidue anni fa la Scuola di Pace stava per nascere – ricostruisce ai nostri microfoni Elena Monicelli – Quella visita passò alla storia come la richiesta del perdono della Germania per i crimini commessi. Ricordo che in quei discorsi si menzionò l’importanza di un lavoro per la costruzione di una differente Unione europea».
Un clima politico e culturale molto diverso, sottolinea Monicelli, se guardiamo al presente e ai conflitti in corso che stanno incendiando il mondo. Per questa ragione, secondo la Scuola di Pace la visita di Mattarella e Steinmeier dovrebbe essere l’occasione per «un discorso di attivazione ancora più forte della diplomazia e una ripresa della responsabilità politica rispetto a ciò che sta accadendo».
Il focus sul trauma dei sopravvissuti
All’interno del programma delle celebrazioni, il 5 ottobre si svolgerà l’incontro “Dal trauma degli eccidi all’impegno: dialogo sulla nascita della Scuola di Pace di Monte Sole”. A partecipare saranno Franco Lanzarini, sopravvissuto all’eccidio, e Nadia Baiesi, esperta di educazione alla memoria, fondatori della Scuola di Pace di Monte Sole.
L’incontro rientra nel focus “Mi sono salvato/a perché – Il trauma della sopravvivenza“, una riflessione che la Scuola di Pace propone sui superstiti.
Una condizione, quella di chi è sopravvissuto, che spesso viene accomunata dal senso di colpa, di solitudine, di trauma, senza che però si sia indagato in maniera approfondita cosa comporta la sopravvivenza stessa, fermandosi un passo prima, ad analizzare la violenza subita o assistita, il dolore e il lutto in senso più generale.
«Attraverso il confronto con chi è sopravvissuto – spiega Monicelli – abbiamo individuato un senso nell’elaborazione del trauma della sopravvivenza che non riguarda il benessere individuale, perché forse non è possibile superare un trauma del genere, ma di impegno per la collettività».
La mostra sulla resistenza delle donne
Tra le altre iniziative trova spazio anche una mostra che fa parte del progetto europeo “Wire – Women in Resistance”. Dal 5 ottobre l’esposizione racconterà la storia di 14 donne che hanno resistito, non solo a Monte Sole, ma anche in altri territori italiani.
«Le donne sopravvissute a Monte Sole per noi hanno sempre rappresentato un esempio di resistenza in senso lato – sottolinea l’esponente della Scuola di Pace – La resistenza femminile spesso presenta caratteristiche che fanno appello alla non-violenza e hanno uno sguardo di comunità e di attenzione allo sviluppo solidale di ciò che ci circonda».
ASCOLTA L’INTERVISTA A ELENA MONICELLI: