La mobilitazione contro il trattato di commercio con gli Stati Uniti, che toglie sovranità agli Stati, ha raccolto più di milione di firme in due mesi. La Commissione europea, però, non riconosce la validità dell’iniziativa, perché dovrebbe sconfessare se stessa.

Ttip: che cos’è e perchè lo si vuole fermare

320 organizzazioni di 24 Paesi dell’Unione Europea, raccolte sotto la sigla “Stop Ttip“, hanno raccolto più di un milione di firme in due mesi per opporsi al Transatlantic Trade and Investment Partnership, il trattato con gli Stati Uniti e il Canada che si è discusso per lungo tempo in modo segreto. L’accordo di libero scambio suscita preoccupazione e proteste, riassumibili nel rischio dello smantellamento dei diritti dei lavoratori, della perdita di sovranità degli Stati e nello sdoganamento di prodotti come gli ogm.
“L’iniziativa era l’equivalente di una legge di iniziativa popolare europea, strumento previsto dal Trattato di Lisbona – spiega Antonio Tricarico, giornalista ed attivista di Re:Common, una delle realtà italiane che si oppongo al Ttip – Il problema è che il soggetto che doveva giudicarne la validità è lo stesso che spinge per il Ttip, ovvero la Commissione europea, che si trova quindi in una situazione di conflitto di interessi“.

Nel frattempo, il segretario di Stato americano John Kerry ha affermato che il Ttip sarebbe vittima di un malinteso e che in realtà l’accordo ha l’obiettivo di innalzare gli standard al massimo, non di abbassarli.
Eppure la cosiddetta clausola Isds dice il contrario. Nella pratica, le multinazionali potrebbero dar vita ad arbitrati internazionali che mettono in discussione la sovranità degli Stati. In particolare, le grandi aziende potrebbero far causa ai governi contro l’impedimento costituito dalla legislazione nazionale (leggi diritti sul lavoro e salariali) e lo Stato potrebbe essere condannato al versamento del mancato profitto (presunto) della multinazionale.

Qualcosa di molto simile è successo in Egitto, proprio a causa di un accordo internazionale stipulato con la Francia. La multinazionale Veolia ha intentato una causa contro il governo egiziano, “accusato” di aver alzato il salario minimo.
Non solo. “Addirittura un’azienda potrebbe intentare una causa contro uno Stato ancor prima di aver effettuato un investimento, ma avendo semplicemente manifestato l’intenzione di farlo”, osserva Tricarico, che ricorda anche come attualmente i due terzi delle cause di questo tipo vengano vinte dalle imprese, perché i tribunali speciali pensati per questo tipo di controversie siano composti da 15 grandi gruppi legali spesso al servizio delle imprese.

In questa chiave, si può leggere il recente compromesso trovato in sede europea sugli ogm come un modo per preparare il terreno agli effetti del Ttip. Proprio in virtù della clausola Isds, ciascun Stato potrebbe trovarsi a fronteggiare l’aggressività di multinazionali che possono intentare causa anche senza aver investito in un determinato Paese.