Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti lancia l’idea di slegare il salario dall’orario di lavoro, puntando sulla produttività. Si tratta di una forma 2.0 di lavoro a cottimo, superato dalle battaglie dei lavoratori. Un salario variabile dovuto alla produttività esiste già per i contratti integrativi e i premi di produzione, ma sta venendo superato dal welfare aziendale, inserito nella Legge di Stabilità, pensato per non dare al lavoratore altre “distrazioni” e sfruttarlo meglio.

Ministro del Lavoro: Bruno Papignani boccia Poletti

Poletti lancia l’idea, il Pd la raccoglie e annuncia provvedimenti ad hoc. È un suggestivo teatrino quello avvenuto nei giorni scorsi, dopo le dichiarazioni del ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Forse per rimediare alla gaffe sulla laurea, il ministro l’ha sparata ancora più grossa, lanciando l’idea di scollegare il salario, o parte di esso, dall’orario di lavoro e collegarlo alla produttività. “Dovrebbe collegarsi lui con la realtà – commenta ai nostri microfoni Bruno Papignani, segretario della Fiom dell’Emilia Romagna – Ma la sparata di Poletti non va vista come l’esternazione di un incompetente, ma gli è stata suggerita dai padroni”.

Essere pagati per quanto si produce non è un’idea nuova, anzi ha un nome: cottimo. Ne descriveva bene le sue storture il regista Elio Petri nel film “La classe operaia va in Paradiso”. Una forma che fu superata, grazie alle battaglie dei lavoratori, perché portava ad una forma di schiavismo. “Si sta tornando all’800 – osserva Papignani – e ovviamente anche all’illusione che non avere degli orari ti dia più libertà, quando invece si deve produrre ancora di più, con maggiore sfruttamento“.

In realtà forme di retribuzione non connesse all’orario di lavoro esistono già e assumono diversi nomi, dal premio di produzione al salario variabile. Le differenze rispetto all’idea di Poletti, però, sono tante. Innanzitutto si parla di compensi ulteriori rispetto alla paga base, spesso contenuti negli accordi sui contratti integrativi aziendali. Poi, non secondario, sono legati a parametri condivisi di qualità, di produttività e di redditività.
“Il problema – denuncia il segretario della Fiom – è che ora questi vengono superati da una misura contenuta nella Legge di Stabilità, dove viene proposto il welfare aziendale, che l’azienda può fare in accordo col sindacato, con gruppi di lavoratori o con chiunque, e che prevede sgravi fiscali per aziende che mettono in piedi forme di welfare di questo tipo”.

L’apparente cura verso il lavoratore è molto forte, ma per il sindacalista non deve trarre in inganno. “In alcune realtà viene già proposto anche il maggiordomo aziendale – racconta Papignani – una figura che paga le bollette o porta l’auto dal meccanico al posto del lavoratore, in modo che quest’ultimo pensi solo a lavorare”. Se a questo si aggiungono anche altre forme sostitutive del salario variabile o del premio aziendale, come i buoni pasto, i buoni benzina o i buoni palestra, ecco che gli imprenditori decidono anche dove il lavoratore deve andare a fare la spesa.

Il segretario dei metalmeccanici Cgil dell’Emilia Romagna, infine, risponde anche alla domanda sul perché Poletti, un ministro che viene dal mondo della cooperazione, si stia dimostrando il più feroce nei confronti dei lavoratori: “A parte qualche caso delle cooperative più grosse, dove ancora c’è democrazia e alcuni dei principi originali della cooperazione, le cooperative oggi stanno diventando le sedi dove si pratica il maggior sfruttamento e dove si coltiva l’illegalità“.