Bambini e donne trascinati fuori da quella che era la loro casa da agenti in tenuta anti-sommossa, armati di scudi e manganelli, madri portate via con la forza davanti ai figli. Dopo lo sgombero di ieri dell’Ex Telecom, proviamo a capire l’impatto che l’operazione può avere sulla psiche dei più piccoli insieme allo psicologo Francesco Campione.

Sgombero ex Telecom: ne abbiamo parlato con uno psicologo

Un bambino afferrato da un agente in tenuta antisommossa, che cerca di divincolarsi e viene riacchiappato, con il successivo arrivo di un altro agente che lo afferra e lo porta fuori. Le mamme che gridano quando gli agenti fanno irruzione e –  denunciano alcune di loro – vengono prese a calci e trascinate fuori, davanti agli occhi dei figli. Un assedio durato almeno 7 ore, proseguito per altre 5 per gli adulti barricati sul tetto. Sono forti le immagini dello sgombero dell’Ex Telecom, eseguito ieri dalla Questura di Bologna – che per l’operazione ha impegnato 200 agenti – su ordine della Procura.

I video dello sgombero circolati sui social network non danno adito ad interpretazioni, né a versioni ufficiali divergenti e non c’è dubbio che quel centinaio di bambini presenti all’Ex Telecom, ieri, abbia subìto un trauma.
Dai servizi sociali assicurano che verranno valutate, una per una, tutte le situazioni individuali, ma capire l’impatto e le conseguenze che l’operazione può aver creato sui bambini abbiamo chiesto un’opinione a Francesco Campione, psicologo dell’Università di Bologna specializzato nell’elaborazione del lutto.

Professor Campione, che impatto può aver avuto sui bambini l’operazione di ieri?
“Questo dipende da un lato dall’età del bambino, più piccolo è e meno può aver avuto cognizione di quello che stava accadendo, dall’altro dalla storia del bambino, cioè se ha già subito altri traumi in precedenza, probabilmente l’impatto sarà minore. In ogni caso è un’esperienza traumatica e l’uso della forza andava sicuramente evitato”.

I bambini sono stati sgomberati da agenti in tenuta anti-sommossa, quindi figure piuttosto cupe. Che immagine possono avere ora sia delle forze dell’ordine che dello Stato?
“Certamente avranno un’immagine negativa, perché irruzioni di questo tipo traumatizzano e spaventano anche gli adulti. Il punto è che una situazione del genere dev’essere sbloccata con la trattativa”.

A cose fatte, che percorso dovrebbero seguire ora i bambini?
“Il percorso fondamentale per un trauma è un percorso di rassicurazione progressiva. Il minimo che può provocare il trauma è la perdita del senso di sicurezza, quindi ciò che bisogna mettere in atto è un percorso di rassicurazione, che faccia pensare al bambino che quello che gli è capitato è un brutto sogno e che possa dimenticarlo. Per fare questo occorre modificare le condizioni di vita di quel bambino, evitando che vivano ancora situazioni di questo tipo, facendo in modo che se non hanno mai avuto una casa ora abbiano una casa, se non hanno mai avuto una situazione tranquilla, che ora possano averla. Serve quindi una situazione in cui, per lungo tempo, possano sentirsi al sicuro”.

Nei momenti brutti che si sono visti ieri, però, si è registrata una cosa bella: i compagni di classe di quei bambini hanno espresso la loro solidarietà e il loro incoraggiamento. Quanto è importante il sostegno dei compagni di classe?
“Conta moltissimo. Tutte le manifestazioni di solidarietà e di sostegno sono fondamentali. Quando si è traumatizzati, ci si sente in balia di una situazione. Se c’è attorno a te qualcuno che ti rassicura, che ti capisce, che non ti lascia solo, è molto utile. L’importante è che continuino”.

Il percorso di rassicurazione dovrebbe essere svolto da psicologi infantili e da pedagogisti?
“Non necessariamente. L’intervento dei professionisti è necessario se si sviluppano comportamenti e sintomi particolari. Nella maggior parte dei casi, però, il percorso può essere fatto attraverso la modifica delle condizioni di vita dei bambini”.

Lo sgombero di ieri, quindi, può avere dei costi anche economici e sociali?
“Penso che i costi più grandi siano quelli sociali. Le ripercussioni che ci possono essere riguardano lo sviluppo del bambino, che potrebbe crescere con un senso di insicurezza, percependo il mondo attorno come ostile e sviluppando sentimenti di persecutorietà. Questo va previsto in questi casi. Certo, ci può sempre essere anche qualche caso particolare, in cui un bambino, per suoi traumi precedenti e storie personali particolari, può sviluppare patologie che richiedono interventi specialistici, ma il costo fondamentale è sociale.
Il danno vero è che non abbiamo saputo aspettare che si concludesse la trattativa, non abbiamo avuto pazienza e siamo intervenuti con la forza. Aspettare qualche giorno in più, perché quell’immobile poi rimane vuoto, sarebbe stato utile ad intervenire con un atteggiamento di un altro tipo”.