La Regione discute la nuova legge urbanistica, ma da tempo il consumo di suolo nei Comuni è stato indirettamente incentivato dallo Stato. Il taglio ai trasferimenti e la possibilità di utilizzare buona parte degli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente hanno indotto le Amministrazioni ad autorizzare nuovi insediamenti per avere soldi per mantenere i servizi.

Legge Urbanistica: cosa bolle in pentola

L’Assemblea Legislativa sta esaminando la discussa nuova legge urbanistica regionale , che tra gli obiettivi dichiarati, ma contestati nella loro efficacia da un gruppo di urbanisti e ambientalisti, ha il contrasto al consumo di suolo in Emilia Romagna.
La nuova legge, però, interverrà dopo che negli ultimi anni è stato in vigore uno strumento distorto che ha favorito e incentivato il consumo di suolo, specialmente in piccoli Comuni che hanno dovuto fronteggiare la spending review e il taglio dei trasferimenti da parte dello Stato: la possibilità di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente.

Per ogni urbanizzazione autorizzata dalle Amministrazioni locali, infatti, i costruttori devono corrispondere una quota monetaria, i cosiddetti “oneri di urbanizzazione”, ai Comuni, che dovrebbero utilizzare queste risorse per investimenti o per spese per l’acquisizione di partecipazioni, azioni, per conferimenti e per concessioni di crediti: la cossiddetta spesa “in conto capitale”.
Per molti anni, però, lo Stato ha autorizzato i Comuni ad utilizzare il 50% degli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente, cioè per mantenere i servizi sociali e pagare i propri dipendenti e le spese quotidiane.

Il meccanismo di finanza pubblica si è trasformato in un fenomeno perverso nel momento in cui gli Enti Locali hanno dovuto fronteggiare sempre più cospicui tagli ai trasferimenti dello Stato, un problema cominciato ben prima della crisi economica e della cosiddetta “spending review”.
A corto di risorse per pagare i servizi già in essere e con la volontà di mantenerli, le giunte comunali sono spesso ricorse a questa possibilità, autorizzando urbanizzazioni al fine di ricavarne gli oneri.
“Negli ultimi anni i contributi statali si sono ridotti in tutti i settori – spiega ai nostri microfoni Giorgia Zoboli, assessora al Bilancio del Comune di San Giorgio di Piano – Ma si è anche registrata un’inversione di flusso dei contributi. Se prima era lo Stato a trasferire risorse ai Comuni, ora i Comuni trasferiscono allo Stato una quota dell’Imu sui fabbricati produttivi”.

Spesso, però, questo meccanismo ha generato un corto circuito, dal momento che nuovi insediamenti abitativi portano con sè nuovi cittadini e, di conseguenza, nuovi bisogni di servizi.
Il problema, però, secondo Zoboli è anche un altro: “Gli strumenti urbanistici in vigore sono stati approvati pre-crisi economica, quando si pensava ad una maggiore espansione urbanistica. La loro durata è troppo lunga ed hanno consentito troppo rispetto a quello che aveva senso realizzare”.

Da due anni qualcosa è cambiato. Le leggi dello Stato hanno posto maggiori vincoli all’utilizzo degli oneri per la spesa corrente, in particolare aumentandone la percentuale di utilizzo, ma vincolandola alla manutenzione delle strade e del verde pubblico.
La legge urbanistica regionale, se venisse approvata senza correzioni del testo originario, darebbe tre anni di tempo ai Comuni per esaurire le urbanizzazioni previste e, successivamente, ridurrebbe drasticamente le capacità edificatoria.
È questo uno degli aspetti che ha generato frizioni nella maggioranza tra Pd e SI, ma anche le proteste degli ambientalisti, che ritengono tre anni di moratoria un periodo troppo lungo per riuscire a fermare davvero il consumo di suolo.

ASCOLTA L’INTERVISTA A GIORGIA ZOBOLI: