L’ultima ondata di controlli e sequestri preventivi è avvenuta la settimana scorsa e spesso a farne le spese sono produttori o commercianti che rispettano tutte le stringenti e mutevoli regole imposte dallo Stato. Uno Stato che, dopo la bocciatura del referendum per la coltivazione, non si accontenta e continua a considerare la cannabis un tabù, anche nella sua forma più innocua, la cannabis light.
A fronteggiare con ostinazione il proibizionismo, però, rimangono aziende di un mercato che ha grandissime potenzialità e che darebbe un contributo non indifferente anche all’erario pubblico.

Cannabis light, la resistenza alla repressione

Tra le aziende che operano nel settore c’è Just Mary, che si occupa di delivery, cioè di consegna a domicilio di cannabis light. Dopo aver conquistato le piazze di importanti città italiane, come Milano e Firenze, Just Mary è sbarcata anche a Bologna.
«Bologna è una piazza importantissima – osserva ai nostri microfoni Federico Scuteri, Coo di Just Mary – Non solo dal punto di vista commerciale, ma anche culturale».

L’azienda, che viaggia tra un milione e un milione e mezzo di fatturato, racconta che i primi anni della propria attività sono stati spesi per selezionare accuratamente i fornitori, in modo che il prodotto commercializzato fosse sicuro dal punto di vista della salute. «Ci comportiamo come se commercializzassimo un prodotto per uso ludico e ricreativo – racconta Scuteri – anche se in Italia la vendita di cannabis legale è consentita solo per scopo ornamentale».

Se è insito nello stesso fare impresa un margine di rischio, farlo con la cannabis light aumenta esponenzialmente il rischio stesso, visto il particolare accanimento e la repressione messa in campo dalle autorità. Ed è per questo che quella degli operatori del settore assomiglia più ad una pratica di resistenza, anche culturale, che ad una vera e propria attività economica.

ASCOLTA L’INTERVISTA A FEDERICO SCUTERI: