Un detenuto del carcere di Opera si è tolto la vita ed alcuni agenti della polizia penitenziaria esultano su Facebook. Lo riporta Repubblica, che fa sapere anche che il Dap ha aperto un’inchiesta. Papillon: “Degrado umano e non è nemmeno il caso peggiore. Ma resteranno impuniti”.

“Uno di meno”, “Feccia umana”, “Mettiamo a disposizione corde e sapone”. È questo il tenore dei commenti di alcuni agenti della polizia penitenziaria che su Facebook esultano per il suicidio di un detenuto rumeno del carcere di Opera. Il caso si è verificato due giorni fa, ma  la notizia è stata riportata oggi pomeriggio dal quotidiano la Repubblica , che informa anche sull’apertura di un’inchiesta da parte del Dap. I commenti sono apparsi sulla pagina del sindacato di polizia penitenziaria Aslippe sul celebre social network.

“È una storia lunga che esiste da quando esiste il carcere – commenta ai nostri microfoni Valerio Guizzardi, responsabile dell’associazione per i diritti dei detenuti Papillon – Tutto ciò testimonia il degrado civile, morale ed umano che si vive nelle carceri italiane”.
Per Guizzardi, se è vero che per fortuna non tutti gli agenti di polizia penitenziaria sono come quelli che hanno scritto quelle cose agghiaccianti, non si può comunque far finta che nella polizia penitenziaria non serpeggi un sentimento di estrema destra forte, che le condizioni dentro il carcere, anche della polizia penitenziaria, hanno inasprito.

Secondo il referente di Papillon, il caso però non è nemmeno uno dei più gravi: “Il problema è che spesso le parole si tramutano in fatti, come testimoniano le inchieste sulle squadrette di punizione, sui gom che si rendono protagonisti di pestaggi all’interno delle prigioni italiane”.
Vi è inoltre anche un problema di formazione e professionalità degli agenti che, secondo Guizzardi, è stato aggravato anche dal ruolo dei sindacati di polizia, che da tempo chiedono quasi esclusivamente nuove regole di ingaggio. “Un lessico militare”, sottolinea, per chiedere sostanzialmente carta bianca, sia nella gestione dell’ordine pubblico che in carcere.

D’altro canto la responsabilità, secondo l’associazione di detenuti, è anche dei governi e della politica che non ha fatto altro che assecondare le richieste della “lobby dei sindacati di polizia” e della società civile, che non si occupa di questi temi, lasciando liberi di agire i protagonisti di questi fatti.
Guizzardi si mostra scettico anche sulle conseguenze dell’indagine del Dap. “I loro provvedimenti non avranno seguito perché la lobby della polizia penitanziaria è molto forte e nessuno se la vuole inimicare”.