La Gran Bretagna lascerà l’Europa. Al referendum sulla Brexit vincono i “leave” con uno scarto di 1milione e 200mila voti, pari a circa il 52%. Le grandi città hanno votato per restare, ma non è bastato. Crollano le borse, Cameron si dimette. Vertice europeo di emergenza. Sterlina ai minimi dal 1985. Crollano le borse. Polemiche sulla dichiarazione di Farage.
Alla fine hanno vinto i forconi britannici. I populisti di destra dell’Ukip, guidati da Nigel Farage, tra i promotori del referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea vincono, seppure di pochi punti, al referendum che si è svolto ieri. 52% a 48% il responso finale a favore dei “leave”, con uno scarto di circa 1milione e 200mila voti.
La Brexit sarà dunque realtà e si teme per le conseguenze economiche non solo nel Regno Unito, ma in tutta Europa. La sterlina, oggi, è ai minimi storici dal 1985 e le borse sono rovinosamente crollate: -10%.
Lo scossone non è solo finanziario, ma anche politico. Il premier inglese David Cameron ha annunciato le proprie dimissioni. Rimarrà a Downing Street altri tre mesi, ma abbandonerà la guida dei negoziati con l’Ue.
In Europa è panico. Mentre esultano le destre populiste di tutto il continente, l’Ue prepara un vertice di emergenza per capire come gestire la situazione.
Le conseguenze politiche, che alcuni osservatori definivano “effetto domino” rischiano di concretizzarsi. La destra olandese e quella francese, sulla scia del risultato, hanno già chiesto un referendum analogo. “La fragilità del progetto europeo aumenta”, commenta ai nostri microfoni il giornalista di Left Martino Mazzonis.
Le dichiarazioni di ieri di Jean Claude Junker, presidente della Commissione europea, “chi è fuori è fuori”, probabilmente risultano essere più un estremo tentativo per condizionare il voto che una reale posizione politica che assumerà l’Unione. Gli interessi in gioco, infatti, coinvolgono tutte e due le parti e, secondo il giornalista di Left, l’Europa dovrà gestire la situazione e le trattative con la Gran Bretagna con razionalità.
Guardando al voto, le grandi città britanniche come Londra, Liverpool, Manchester, Edimburgo, Brighton e Glasgow, hanno votato per restare nell’Ue, mentre a pesare è stato soprattutto il voto dell’est e delle periferie del regno. La Scozia, che ha votato compatta per “remain”, già pensa a staccarsi dal Regno Unito, mentre nella Repubblica d’Irlanda, in seguito al risultato del referendum, si ravvisa la necessità di un sondaggio sull’Irlanda unita.
La leva utilizzata dal fronte del “leave”, sottolinea Mazzonis, è la paura: quella di un’invasione di migranti e dei problemi sulla tenuta del welfare.
“Il 23 giugno passerà alla storia come il giorno dell’indipendenza, abbiamo vinto senza che sia stato sparato un solo proiettile“, ha dichiarato Nigel Farage nel discorso sulla vittoria del referendum. Una dichiarazione che ha già sollevato molte polemiche, poiché il referendum è stato preceduto dall’uccisione della deputata laburista Jo Cox da parte di un fanatico di estrema destra che l’ha aggredita al grido di “Britain first”.