Il 1 aprile allo scrittore torinese Marco Boba è stata notificata una richiesta di sorveglianza speciale da parte della Questura e della Procura di Torino. Ad annunciarlo, la casa editrice con cui Boba collabora, Eris Edizioni, che si dice allarmata e preoccupata.

Sorveglianza speciale: un libro di Boba tra le prove dell’accusa

Eris edizioni nasce nel 2009, inizialmente realizzando autoproduzioni, per poi approdare in tipografia, alzando così il numero di produzione delle copie e della loro distribuzione in tutta Italia. Nasce come una esigenza, una volontà e un bisogno di una cultura che sia condivisa e libera di circolare, una cultura in continuo divenire.
E così il nome che la casa editrice sceglie, Eris, richiama la dea della discordia della mitologia greca, che rappresenta i confronti e gli scontri incessanti e necessari che sono propri della cultura, attraverso i quali la cultura si fa e si costruisce.

E così Eris Edizioni decide di raccontare uno spiacevole fatto, accaduto al loro scrittore Marco Boba, facendo sentire la propria voce in una lettera aperta, di cui riportiamo alcuni passaggi.

Giovedì 1 aprile è successa una cosa molto grave, e prima di parlarvene abbiamo voluto prenderci qualche giorno per riflettere. Scusate la lunghezza, ma in certi casi ogni parola è importante. A un nostro autore, Marco Boba, è stata notificata da parte della Questura e della Procura di Torino una richiesta di sorveglianza speciale.
Sino a qua, purtroppo, niente di straordinario. Negli ultimi anni questa misura preventiva molto pesante è stata richiesta e applicata più volte a militant* e attivist* di tutti i movimenti.” […]

La sorveglianza speciale è una misura di prevenzione, che consiste in una cornice di regole e divieti che colpiscono la persona nella propria quotidianità, a causa di ciò che viene definita “pericolosità sociale”: è un provvedimento che si rivolge alle persone al di là di uno specifico fatto, ma per un “comportamento generale”.
In Italia e in Europa, si è più volte discusso circa la sua legittimità costituzionale, in quanto può essere applicata anche solo sulla base di indizi e senza nessuna prova di illeciti commessi.

“Quello che noi troviamo davvero pericoloso e allarmante è che all’interno di questa richiesta di sorveglianza speciale sia stato inserito il romanzo –Io non sono come voi– che Marco ha pubblicato con noi nel 2015 come aggravante e/o prova.
Anzi, il fulcro di questa prova nello specifico è la frase che noi come editori abbiamo scelto di mettere nel retro di copertina: «Io odio. Dentro di me c’è solo voglia di distruggere, le mie sono pulsioni nichiliste. Per la società, per il sistema, sono un violento, ma ti assicuro che per indole sono una persona tendenzialmente tranquilla, la mia violenza è un centesimo rispetto alla violenza quotidiana che subisco, che subisci tu o gli altri miliardi di persone su questo pianeta.»
Una frase che dice il protagonista del libro in un dialogo. Una frase che come sempre estrapoliamo dal romanzo per far capire a chi si ritroverà il libro in mano qual è il cuore della storia, il mood, l’atmosfera, lo stile narrativo.

Parliamo di un romanzo di finzione, con un protagonista di finzione. Il romanzo è scritto in prima persona, al presente, scelta tra l’altro fatta non in origine dall’autore, ma dopo un lungo confronto tra autore ed editore. Editing, normale editing. Che il romanzo sia di fantasia tra l’altro è dichiarato sin da subito, nella sinossi presente nell’aletta che si discosta totalmente dalla biografia dell’autore e in due pagine esplicative finali.
Non basta lo sfondo, il contesto, l’ambientazione, per decidere che un romanzo è autobiografico. I fatti principali che costituiscono la trama e il motore principale della narrazione sono chiaramente inventati, di finzione.”

Infine, riportando anche altri esempi di scrittori e studenti che sono stati imputati di accuse simili per opinioni e posizioni espresse, la lettera si conclude così:

“Ecco, a noi sembra davvero pericoloso che una finzione possa diventare una prova, che il dialogo di un personaggio di un romanzo possa diventare una prova, che le opinioni o le azioni di un personaggio di finzione possano diventare una prova, che una frase scelta dall’editore, per promuovere al meglio un libro, possa diventare un’aggravante e che una questura o una procura si possano occupare di una materia che dovrebbe restare appannaggio di chi fa critica letteraria. […]
Ma ci sembra che a questo punto non stia diventando illecito solo avere un’opinione, ma anche il puro e semplice immaginare. Una società in cui non solo si paga per le proprie opinioni, ma addirittura per le opinioni o le azioni dei propri personaggi d’invenzione sarebbe la trama perfetta per un romanzo distopico. Ma per qualcuno, invece, è la realtà, perché sta accadendo.”

L’udienza per Marco Boba è stata fissata per il prossimo 21 aprile, presso il Tribunale di Torino.

Chiara Moffa