Venerdì prossimo, 3 novembre, il Consiglio dei ministri discuterà il ddl Casellati. La ministra del governo Meloni è firmataria di un pacchetto di norme che costituiscono una proposta di riforma costituzionale che l’esecutivo vorrebbe portare a casa.
Tra le misure contenute sicuramente spicca il cosiddetto premierato, cioè l’elezione diretta del o della presidente del Consiglio, assieme ad una norma inserita in Costituzione che riguarda la legge elettorale, in particolare la cosiddetta misura anti-ribaltone. Ad essere rivista, inoltre, sarebbe anche la nomina dei senatori a vita.

Il premierato e la norma anti-ribaltone: cosa prevede la riforma costituzionale della destra?

A spiegare ai nostri microfoni i contenuti essenziali della riforma costituzionale del governo Meloni è Andrea Morrone, costituzionalista e docente dell’Università di Bologna.
«Il progetto prevede essenzialmente che il presidente del Consiglio venga eletto direttamente dai cittadini, che duri cinque anni, che si voti contemporaneamente sia per il premier che per il Parlamento», spiega Morrone. Non solo: per la prima volta nella storia italiana si prevede che la Costituzione indichi già il meccanismo elettorale. Nello specifico, «si ipotizza una legge maggioritaria con un premio alla coalizione collegata al presidente del Consiglio, che se ha un voto in più rispetto ai concorrenti ottiene il 55% dei seggi di Camera e Senato», continua il costituzionalista.

La riforma del premierato ridefinirebbe anche il ruolo del presidente della Repubblica, che non avrebbe più margini di conferimento dell’incarico per la formazione di un governo, ma dovrebbe designare direttamente colui o colei che ha ottenuto più voti diretti dall’elettorato.
Il nuovo governo dovrebbe in ogni caso ottenere la fiducia del Parlamento, ma nel caso non ci riesca al primo tentativo, il presidente della Repubblica dovrebbe far tentare il premier eletto una seconda volta.
In caso di un secondo flop, si procederebbe con lo scioglimento delle Camere e nuove elezioni e non con governi tecnici a cui gli italiani e le italiane si sono abituati.

Come cambierebbero gli equilibri di potere sanciti dalla Costituzione

«Prevedere l’elezione diretta del presidente del Consiglio significa trasformare il modello parlamentare in un modello “primo-ministeriale” – osserva Morrone – che però non ha alcun precedente nella storia comparatistica. L’unico Paese che fece una scelta del genere, negli anni ’90, fu Israele, che adottò questo modello per un paio di legislature, ma poi tornò indietro perché non vennero risolti i problemi per cui la riforma costituzionale era stata immaginata».
Il costituzionalista, infatti, sottolinea che la riforma costituzionale che vorrebbe il governo Meloni è diversa negli assetti e nei ruoli dal presidenzialismo francese o da quello statunitense.

Ad essere ridisegnati, infatti, sarebbero i ruoli di tutti i poteri che attualmente la Costituzione disciplina e bilancia. Il presidente della Repubblica avrebbe poteri limitati rispetto a quelli di oggi, mentre verrebbe alterato anche lo schema del parlamentarismo.
«Gli elettori avranno a disposizione due voti, quello per i parlamentari e quello per il premier – spiega il docente dell’Unibo – ma il voto è condizionato dalla scelta del presidente del consiglio dei ministri, quindi si verticalizza notevolmente la scelta elettorale. La verità è che si supera il modello parlamentare, “presidenzializzando” il sistema di governo».

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