Se il protagonista di American Beauty, il film del 1999 di Sam Mendes, vede la bellezza – il sublime – in una busta di plastica che volteggia nell’aria, è altrettanto plausibile che tantissime persone possano restare incantate, fino a cadere nella buca del Bianconiglio, da una delle tante fantasie del complotto di cui è piena la storia. Queste ultime, infatti, rispondono ad un bisogno primordiale delle persone, quello di essere affascinate, di provare lo stupore che riempia di senso esistenze sempre più confuse e afflitte, di toccare, ancora una volta, il sublime nell’accezione kantiana, cioè la disarmonia tra immaginazione e ragione.

È questa una delle spiegazioni che Wu Ming 1 dà del fenomeno del cospirazionismo, la tendenza cioè a credere a fantasie “irrazionali ma logiche”, all’interno del suo ultimo libro, “La Q di Qomplotto. QAnon e dintorni – Come le fantasie di complotto difendono il sistema“, uscito lo scorso 25 marzo per Edizioni Alegre. Un libro “solista” dell’esponente del collettivo di scrittori bolognesi, ma che attinge anche alle esperienze del passato insieme ai soci, anche prima di assumere il nome di Wu Ming.

Le fantasie di complotto sviscerate da Wu Ming 1

Dopo “Un viaggio che non promettiamo breve” sulla storia del movimento No Tav e “La macchina del vento” sul confino fascista a Ventotene, Wu Ming 1 torna con un “oggetto narrativo non identificato”. L’opera, infatti, non è certamente un romanzo storico, sebbene al suo interno vi siano storie e racconti che ricostruiscono le credenze in complotti in diverse epoche storiche, ma non è propriamente nemmeno un saggio o un’inchiesta giornalistica dal momento che, pur mutuandone alcuni aspetti, usa uno stile narrativo scorrevole e diverso da come chi legge lo ha conosciuto in quelle forme letterarie.

Una parte importante di “La Q di Qomplotto” è dedicata ad identificare bene ciò di cui parla. E per farlo analizza in modo critico le definizioni che vengono date al fenomeno del cospirazionismo, fino a riformularle in maniera più corretta. È per questo, ad esempio, che Wu Ming 1 parla di “fantasia del complotto” e non di “teoria del complotto”. Sia perché l’espressione, mutuata dall’inglese, rappresenta un false friend, dal momento che “theory” viene utilizzato negli Stati Uniti come termine che indica “congettura” e non “teoria”, che in italiano le conferisce prestigio, sia perché l’autore non sembra interessato a denigrarne gli adepti, quanto a comprendere i meccanismi psicologici e anche neurologici che portano tante persone a credere in complotti inesistenti.

Il grande complotto americano di QAnon potrebbe trarre ispirazione da Bologna

A chi ha seguito dall’inizio la carriera letteraria di Wu Ming sarà probabilmente suonato un campanello. La “Q” nel titolo, infatti, non evoca soltanto la fantasia del complotto di QAnon, ma anche un romanzo, intitolato proprio “Q”, di Luther Blissett, lo pseudonimo che gli scrittori di stanza a Bologna utilizzarono prima di chiamarsi Wu Ming.
La cosa sorprendente, che viene narrata dall’autore, è che potrebbe non trattarsi di una coincidenza, ma il romanzo del 1999 potrebbe aver ispirato qualcuno che, inizialmente per scherzo, ha scritto misteriosi messaggi nel forum 4chan, sfuggiti poi di mano e cavalcati dall’alt-right americana e da businessman fino a dare vita alla grande fantasia del complotto di QAnon.

Ai nostri microfoni Wu Ming 1 ha raccontato le analogie narrative tra il romanzo scritto insieme ai soci e la “trama” della fantasia cospirazionista. Del resto, “Q” fu tradotto in tantissime lingue, tra cui l’inglese, e potrebbe essere stato utilizzato come spunto.
Che sia andata veramente così è difficile da verificare e Jake Lo Sciamano, uno dei personaggi che fece irruzione a Capitol Hill nel gennaio scorso, fomentato da Donald Trump, probabilmente ignora il testo originario. Così come, con ogni probabilità, ignora che la fantasia di QAnon è una rielaborazione di tante fantasie del complotto precedenti, ad esempio quella del Pizzagate, secondo cui un’oligarchia potente, di cui farebbero parte anche Barack Obama ed Hillary Clinton, sarebbe dedita a riti satanici e torture di bambini a scopo di pedofilia.

Il satanismo, del resto, non è nuovo come oggetto delle fantasie del complotto. E proprio Bologna ne sa qualcosa. In particolare, a pagarne il prezzo fu Marco Dimitri, presidente dell’associazione Bambini di Satana, che negli anni ‘90 fu sottoposto ad una vera e propria persecuzione giudiziaria da parte di magistrati che presero per buone dicerie e cospirazioni su pedofili e satanisti.
Dimitri è morto nel febbraio scorso e Wu Ming 1 ha voluto dedicare il libro proprio a lui. In effetti i Luther Blissett giocarono un ruolo non secondario nel distruggere le montature contro i Bambini di Satana, alimentate anche dalla stampa, in particolare dal Resto del Carlino.

A beneficiarne è il potere che si dice ci voler combattere

Sono tante le storie e gli esempi di fantasie del complotto che vengono raccontati nel libro, da quelli più antichi che vedono negli ebrei o nelle streghe i capri espiatori, fino ad episodi più recenti, come le scie chimiche o l’attentato di Hanau, in Germania.
Il messaggio che l’autore lancia, però, è un monito a tutte e tutti. Nessuno è esente dal rischio di arrivare a credere ad una delle tante fantasie del complotto in circolazione, proprio perché sono funzionali ad un’esigenza umana, ma anche perché posseggono un “nucleo di verità” che viene abilmente strumentalizzato e distorto per fini politici o economici.

Proprio per queste ragioni, le fantasie del complotto si configurano come “narrazioni diversive”, che finiscono per difendere e alimentare il sistema che dicono di voler combattere. Sbagliando – più o meno consapevolmente – focus, infatti, esse finiscono per depotenziare la carica di dissenso che potrebbe manifestarsi contro il pensiero dominante. Anzi, ancora peggio: finiscono per rappresentare un ottimo pretesto per il mainstream per screditare anche l’opposizione e la critica più sensate, equiparandole ai complottismi. A farne le spese, quindi, è il pensiero critico, che si trova tra due fuochi.

E allora che fare? Nel suo libro Wu Ming riprende gli studi che hanno già dimostrato come il debunking e il fact checking siano armi spuntate contro le fake news, che al contrario potrebbero addirittura alimentarle, rafforzando le convinzioni di chi crede alle fantasie di complotto. Ciò avviene perché i terreni su cui si gioca la partita sono diversi, ma anche perché non di rado i debunker hanno l’atteggiamento spocchioso e saccente tipico del “ratiosuprematismo” o del “burionismo”. In altre parole: coloro che “bucano palloncini“.
Ciò che Wu Ming 1 suggerisce contro la diffusione delle fantasie del complotto è una narrazione per certi aspetti paritaria, ma soprattutto altrettanto alternativa e stupefacente, capace dunque di scalzare le convinzioni irrazionali riorientandole, anche attraverso la magia, verso obiettivi reali e più concreti.

ASCOLTA L’INTERVISTA A WU MING 1: