Gli incidenti sul lavoro che si sono registrati nel settore della logistica all’Interporto, tra cui la morte di Yaya Yafa, sono anche conseguenza della legislazione italiana in materia di permesso di soggiorno. Lo evidenzia ancora una volta il Coordinamento Migranti di Bologna, che è intervenuto dopo la morte del giovane lavoratore interinale avvenuta nel magazzino Sda.
Il vincolo tra permesso di soggiorno e lavoro espone i migranti ad una maggiore ricattabilità e a un maggiore sfruttamento, sacrificando la sicurezza sul lavoro stessa pur di ottenere i requisiti per rinnovare il documento.
Incidenti sul lavoro all’Interporto e permesso di soggiorno, un vero e proprio sistema
«Domenica scorsa, dopo la morte di Yaya all’Interporto, abbiamo svolto un’assemblea – racconta ai nostri microfoni Lorenzo di Coordinamento Migranti – a cui hanno partecipato molti lavoratori interinali sia della Sda che di altri magazzini. Proprio loro hanno sentito la necessità di prendere la parola per raccontare la situazione nel settore della logistica all’Interporto e dimostrare come la dinamica che ha portato alla morte di Yaya sia qualcosa di assolutamente ordinario».
La duplice condizione di lavoratori migranti, quindi col bisogno di lavorare, e lavoratori interinali, quindi precari, fa sì che la sicurezza venga completamente trascurata, perché quelle persone sono sostanzialmente invisibili.
«Spesso gli incidenti avvengono prima di entrare al lavoro – sottolinea l’esponente del Coordinamento – perché i migranti, che sono quasi tutti richiedenti asilo, si recano sul posto in bicicletta o monopattino, fiancheggiando strade molto pericolose».
All’Interporto e in generale nel settore della logistica gli interinali migranti rappresentano una componente consistente della forza lavoro. E quel lavoro viene sostanzialmente prestato dietro il ricatto istituzionale del permesso di soggiorno necessario per restare su suolo italiano, che porta le persone a dover accettare qualunque condizione lavorativa.
«All’assemblea hanno partecipato anche alcuni amici e colleghi di Yaya – osserva Lorenzo – che ci raccontavano come passino da lavorare in agricoltura, nella stagione della raccolta, alla logistica, quando nei campi non c’è lavoro».
Coordinamento Migranti nel recente passato ha condotto battaglie per il riconoscimento della protezione internazionale, ad esempio al centro Mattei di Bologna. Molti migranti hanno ottenuto un permesso di due anni, con la speranza di poterlo rinnovare e trasformare in permesso di lavoro. Quando ciò avviene, però, subentra il problema di dover maturare più ore possibili di lavoro per vedersi rinnovare il permesso.
Lo sfruttamento della manodopera migrante nel settore della logistica e non solo, però, rappresenta un vero e proprio sistema. Negli anni scorsi Coordinamento Migranti aveva acceso la luce sul sistema di reclutamento di manodopera, che le agenzie interinali facevano – e tuttora fanno – appena fuori dai centri di accoglienza.
Ancora una volta è il bisogno di mostrarsi volonterosi per acquisire il diritto a restare sul suolo italiano a dare la possibilità alle aziende della logistica di contare su manodopera straniera disponibile a tutto, anche a sacrificare la sicurezza sul lavoro.
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