Con lo slogan “Verso il Pride 2021: sarà rivolta“, i collettivi e le associazioni Lgbtqia+ di Bologna con il nodo locale di Non Una Di Meno organizzano una settimana transfemminista (26 giugno-3 luglio) con due appuntamenti su tutti: il “Primo luglio transnazionale contro il contrattacco patriarcale” e il Rivolta Pride del 3 luglio. In particolare, il percorso di costruzione del Pride sarà “dal basso e orizzontale”, articolato in assemblee pubbliche (la prossima è oggi ai Giardini Margherita alle 19 e sempre lì ci sarà una assemblea anche il 24 giugno, ma sarà possibile partecipare anche online).

La lotta transfemminista in una settimana fino al Rivolta Pride

A mobilitarsi sono collettivi, associazioni, attiviste e attivisti che dal 2019 «hanno preso parola insieme per rispondere alla proposta di legge contro l’omotransfobia dell’Emilia-Romagna» per poi aderire alla piazza nazionale del 15 maggio e organizzare quella di Bologna del 16 maggio sotto lo slogan #moltopiudizan.
«Chiediamo molto più di Zan perché una misura repressiva non ci basta: desideriamo e abbiamo diritto all’accesso alla salute, ad un reddito di autodeterminazione e alla cittadinanza e al permesso di soggiorno svincolati dalla famiglia e dal lavoro», dicono in una nota firmata da Lesbiche Bologna, Gruppo Trans Asp, Laboratorio Smaschieramenti, Plus Bologna, Mit-Movimento Identità Trans, Collettiva Matsutake, Non Una di Meno Bologna, Famiglie Arcobaleno, Agedo, Grande Colibrì, Elastico Fa/art, La Mala Educaciòn, Mujeres Libres Bologna, UAAR Circolo di Bologna, Komos, Frame, Cassero Lgbti+ Center, B-Side Pride, Comitato Bologna Pride, Red, Ombre Rosse. E l’elenco è in aggiornamento.

Nel dettaglio degli eventi, l’1 luglio si concentrerà sul ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul e ci saranno piazze in «tutto il mondo».
Il 3 luglio il Pride “di Rivolta” contesterà «la violenza sistemica e la reazione cattolico-femonazionalista che sta rallentando il dibattito sui diritti sociali, civili ed economici della comunità LGBTQIA+ e di tutte le altre realtà marginalizzate soggette a discriminazione».
Collettivi e attivisti invocano anche «educazione al genere, alla sessualità e all’affettività in tutte le scuole: basta con lo spauracchio dell’ideologia gender. Vogliamo la possibilità di accedere alla carriera alias in tutti i percorsi formativi».

E ancora: «non tolleriamo più la psichiatrizzazione e patologizzazione delle nostre identità, come persone trans rifiutiamo la diagnosi di una patologia inesistente e il passaggio di validazione delle nostre vite in un tribunale». Altri temi sono la prevenzione e cura dell’Hiv e delle malattie sessualmente trasmissibili, gli ostacoli all’accesso all’aborto e alla genitorialità queer, ma si parla anche di «reddito di autodeterminazione: l’emancipazione economica è fondamentale per tutti” e servizi per persone Lgbtqia+ rifugiati “e accesso alla cittadinanza».

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