Sono tante le ragioni per le quali l’Italia registra un costante calo demografico, ma tra queste spicca senza dubbio la difficoltà che le persone hanno nel conciliare i tempi di vita e di lavoro in presenza di uno o più figli. Il welfare del nostro Paese non sembra rispondere più completamente alle esigenze lavorative dei genitori, donne in primis, e la pandemia non ha fatto altro che aggravare una situazione già difficile.
Alle 18.00 di domani pomeriggio, 30 novembre, in Montagnola a Bologna si terrà l’assemblea pubblica “Non è un Paese per genitori“. A promuoverla è l’Arci di Bologna.

“Non è un Paese per genitori”, l’assemblea pubblica

«Tutto è nato in seguito ad un post che avevo scritto – racconta Rossella Vigneri, presidente di Arci Bologna – in cui lamentavo in quanto madre alcune difficoltà rispetto alla gestione dei figli. Io ho un figlio che va al nido. Spesso i bambini sono malati e la loro gestione è complicata, per cui c’è la necessità di fare un ragionamento per provare una dare una mano soprattutto ai genitori che lavorano».
Al post hanno risposto tante persone, soprattutto madri, che hanno evidenziato la necessità di trovarsi e discutere, sia per mettere a fuoco i problemi incontrati, ma soprattutto per immaginare soluzioni.

L’elenco delle problematiche potrebbe essere lungo, ma Vigneri ne cita ad esempio tre. Da un lato le lunghe liste d’attesa per l’accesso agli asili nido, dall’altro il tema di dove tenere i figli nel tempo che va oltre il nido, dal momento che non tutti possono permettersi di ricorrere a baby sitter, fino all’impossibilità di alcuni lavoratori e alcune lavoratrici di poter accedere ai congedi parentali in caso di malattia dei figli.
«Le questioni sono tante e sono legate ai tempi e all’organizzazione del lavoro – osserva Vigneri – ma anche all’organizzazione dei servizi, che probabilmente sono stati costruiti in un’epoca in cui il lavoro, soprattutto quello femminile, era costruito in maniera totalmente differente».

All’assemblea pubblica (a cui ci si può iscrivere qui) parteciperanno anche Vanessa Niri, pedagogista e coordinatrice gruppo infanzia e adolescenza Arci Nazionale, e Emmanuele Pavolini, portavoce dell’Alleanza per l’infanzia.
«Abbiamo pensato di invitare persone che stanno cercando anche di dare delle risposte, ad esempio a quelli che sono i fondi del Pnrr – aggiunge Vigneri – Le soluzioni possono essere costruite sia a livello cittadino, ma che hanno bisogno di risposte anche a livello nazionale».

ASCOLTA L’INTERVISTA A ROSSELLA VIGNERI:

Il fenomeno delle dimissioni di donne madri

A certificare ciò che i genitori dicono sono i dati. Nel 2020, sono in Emilia-Romagna, le dimissioni volontarie dal lavoro di lavoratrici madri e lavoratori padri con figli fino ai 3 anni sono state 4.174 (il 9,8% sul totale nazionale, pari a 42.377) e di queste quasi i tre quarti hanno riguardato donne: 2.984 a fronte delle 1.190 riguardanti gli uomini. Se il numero totale delle dimissioni è sceso rispetto al 2019 (5.447), resta in misura predominante il recesso delle lavoratrici madri, pari al 71% dei casi, dato in aumento di 3 punti percentuali rispetto all’anno precedente. È quanto emerge dal rapporto dell’Ispettorato interregionale del lavoro del Nord Est.

Andando a verificare le ragioni alla base delle dimissioni, emergono evidenti le criticità in capo alle lavoratrici madri. Mentre, infatti, per i padri lavoratori nella maggior parte dei casi si tratta di una scelta legata al cambio di azienda (957 uomini contro 896 donne), per le lavoratrici madri le ragioni delle dimissioni sono legate soprattutto alla difficoltà di conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze di accudimento dei figli o per ragioni legate ai servizi di cura connesse alla mancata concessione di flessibilità oraria o del part-time (2.137 casi di donne contro 65 di uomini).

«Possibili soluzioni passano per una maggiore flessibilità da parte delle aziende negli orari delle lavoratrici madri e ne guadagnerebbero anche in produttività perché queste donne sono più soggette a malattie e stress correlato al lavoro – osserva ai nostri microfoni Sonia Alvisi, consigliera di parità della Regione Emilia-Romagna – Poi, visto che le donne che lasciano il lavoro per accudire i figli hanno diritto alla disoccupazione, il governo dovrebbe rendere possibile questa possibilità anche per i padri». Un ulteriore provvedimento istituzionale potrebbe passare per la rimodulazione del welfare che tenga conto dei nuovi orari di lavoro.

ASCOLTA L’INTERVISTA A SONIA ALVISI: