È il New York Times, una fonte che non può essere considerata antisemita, ad attribuire la paternità di quanto accaduto ieri in Libano all’intelligence israeliana. Lo scoppio simultaneo dei cercapersone nelle mani di Hezbollah ha prodotto morti e migliaia di feriti, non solo tra i membri dell’organizzazione ma anche tra i civili.
L’attentato, annoverabile nella categoria del cyberterrorismo, segna una fase nuova del conflitto in Medio Oriente. Oltre al genocidio a Gaza e agli attacchi mirati all’Iran, Israele ora punta ad allargare la guerra coinvolgendo il Libano, con cui già avvenivano scambi bellici da quasi un anno.

L’attacco cyberterrorismo in Libano e il suo impatto

«Questo attacco si può leggere su più piani – spiega ai nostri microfoni Rossana Tufaro, assegnista di ricerca dell’Università La Sapienza di Roma – Sicuramente dal punto di vista militare e politico è un grande colpo per Hezbollah».
C’è però un ulteriore piano che la narrazione mediatica, perlomeno quella italiana, non sta considerando ed è quella morale e del diritto internazionale. «Israele ha scientemente trasformato in pieno giorno centinaia di individui in maniera del tutto indistinta tra civili e militari in ordigni umani fatti esplodere», sottolinea la studiosa.

Se questo episodio fosse avvenuto a parti inverse o se altre organizzazioni o entità, ad esempio la Russia di Putin, avessero utilizzato la stessa modalità, i media non avrebbero esistato a parlare di cyberterrorismo.
La presenza di membri di organizzazioni considerate ostili, che siano Hamas o Hezbollah, è sempre la giustificazione utilizzata dall’esercito israeliano per rispondere alle accuse in merito alle stragi di civili compiute. Ma mentre a Gaza le stragi sono la conseguenza di bombardamenti in una guerra dichiarata, ciò che è avvenuto ieri in Libano risponde a un modus operandi tipico del terrorismo, in questo caso telematico.

L’attacco in Libano segna sicuramente un passo dell’escalation del conflitto in Medio Oriente, ma è considerabile come l’inaugurazione della guerra sporca? «Direi una prosecuzione, un alzare ulteriormente l’asticella – osserva Tufaro – perché la guerra sporca è già in atto, ad esempio quando Israele usa armi al fosforo bianco che hanno provocato un ecocidio in Libano o quando targhettizza ospedali, scuole, soccorritori e giornalisti».
Pare insomma che ad Israele sia consentito qualunque cose, anche in aperta violazione col diritto internazionale.

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