Hanno creato tensione nel governo le parole del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti contenute in un’intervista a Bloomberg pubblicata la settimana scorsa. L’espressione «sacrifici per tutti» utilizzata dal ministro parlando della prossima Legge di Bilancio ha agitato le acque dei colleghi di maggioranza, inasprendo tensioni che già si registrano tra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Ieri, dal palco di Pontida, lo stesso Giorgetti ha poi spiegato di saper «distinguere tra chi fa già sacrifici e chi li può fare», ma guardando all’annunciato aumento delle accise sul diesel, misura non progressiva, il dubbio sulla manovra resta eccome.

Il debito e la legge di Bilancio: verso privatizzazioni e tagli alla sanità

Al centro della questione c’è il problema legato all’aumento del debito che riguarda tanto l’Italia, quanto Francia, Spagna e altri Paesi europei. Con la pandemia la spesa pubblica è aumentata e non è mai calata significativamente, accumulando un debito eccessivo che, secondo le nuove regole del Patto di Stabilità da poco riformato, dovrebbe essere abbattuto in 4 o 7 anni.
L’Italia ha scelto la strada dei 7 anni, giustificata con le riforme in cantiere. Il conto da pagare, però, è quello di trovare 13 miliardi di euro all’anno che dovranno servire a rientrare dal debito eccessivo.
«Si pensa a privatizzazioni, agli introiti derivanti dalla vendita di quote del Tesoro di Eni, Enel o Poste – osserva ai nostri microfoni Giulio Marcon, portavoce della campagna Sbilanciamoci – ma questi soldi non basteranno. C’è anche il tema delle pensioni, perché potrebbero esserci dei ritocchi alle riforme già fatte».

Gli italiani e gli europei pagano anche l’aumento delle spese militari

Nello specifico della Legge di Bilancio 2025, però, all’appello mancano al governo tra i 6 e i 10 miliardi e, se al momento è ancora difficile sapere dove verranno trovate le risorse, ciò che ci si può aspettare è un taglio lineare alle spese dei Ministeri, un taglio alla spesa sanitaria che andrà a colpire gli aumenti programmati e un possibile taglio ai trasferimenti per gli enti locali.
Eppure grossa parte dell’aumento delle spese che ha prodotto la situazione attuale è da ricercarsi anche nel riarmo, nell’aumento della spesa militare che in Italia ha raggiunto la cifra record di 28,9 miliardi annui. Nel 2024 è previsto che la spesa superi i 29 miliardi di euro, con una crescita del 5,1% rispetto al 2023 e del 12,5% in due anni.

«Questo è un tema che va posto – osserva Marcon – La spesa aumenta non perché migliorano l’istruzione o la sanità, ma perché si spendo più soldi per le armi, si fa più debito ad esempio per il ponte sullo Stretto di Messina, che costa 14 miliardi, e altre spese che non possiamo condividere».
La campagna Sbilanciamoci! ogni anno presenta una contro-manovra economica che concretamente mostra come potrebbero essere recuperati e spesi meglio i soldi pubblici. In attesa di quella di quest’anno, Marcon rimarca l’approccio diverso che l’Italia potrebbe avere per recuperare risorse economiche e contribuire al benessere.
«Servirebbe una vera spending review – sottolinea il portavoce – cioè colpire le spese inutili, come spese militari e ponte sullo Stretto, mentre bisognerebbe investire di più nel capitale umano e sociale. In altre parole è una politica espansiva di rilancio dell’economia».

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