Nel parlare di lotta transfemminista i movimenti europei mancano spesso di avere una prospettiva realmente intersezionale, nonostante la classe e la razza continuino a fare da spartiacque per la vita di molte. Lo vediamo nel modo in cui i media italiani e internazionali raccontano le donne nere che arrivano dal continente africano. Esperienze che vengono private di personalità fino a diventare un unicum, una sovrapponibile a quella dell’altra. Questo approccio è in parte il risultato dell’eredità culturale che l’impero coloniale italiano ha lasciato all’Italia, senza che il Paese abbia mai preso realmente coscienza dell’efferatezza commessa per decenni.

Le donne nere in questa impietosa manifestazione di colonialismo bianco hanno subito più di chiunque altro. Sono state ipersessualizzate, sminuite, abusate e schiavizzate. Ed è oggi proprio in capo ai movimenti femministi africani che si osserva una nuova ondata di rivendicazioni.

Il femminismo africano nel podcast “Cronache di Rabbia”

Tra le innumerevoli esperienze approfondiamo quella del Kenya e quella della Somalia, due Paesi nei quali dall’inizio dell’anno si è osservata un’impennata di femminicidi, a cui sono seguite numerose manifestazioni di protesta da parte delle attiviste locali. Delle loro rivendicazioni e del contesto politico che le frena parliamo in questa puntata con Natasha Debora Aidoo, dottoranda in Scienza Politica e Sociologia alla Scuola Normale Superiore di Firenze.
Partiamo omaggiando una delle più celebri attiviste del continente africano, l’ambientalista e biologa keniota Wangari Maathai, premio Nobel per la pace nel 2004. Una figura che ha stravolto il modo di pensare le questioni femminili, e ha incominciato a combattere una battaglia per la parità di genere, politica ed economica, passando dalle questioni ambientali. Pensate come punto di partenza e destinazione per risolvere la disparità salariale e occupazionale delle donne del Kenya. Anche oggi questa battaglia viene combattuta dai movimenti attivisti africani, che sempre più spesso lavorano con prospettive transnazionali.

In entrambi i Paesi le femministe lottano strutture misogine e patriarcali estremamente radicate nelle istituzioni e nei media. Dove la vittimizzazione secondaria è all’ordine del giorno, dove i fatti più efferati vengono discussi in termini di responsabilità individuale della donna e mai come problema collettivo maschile. A cui si somma la tendenza di alcune procure a non perseguire penalmente tutti i casi di violenza denunciati, fattispecie che in alcuni Paesi non sono nemmeno perseguibili penalmente.
In questa puntata di Cronache di Rabbia approfondiamo le rivendicazioni del femminismo africano, e il peso della tradizione e della politica sulle richieste dei movimenti femministi locali.

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