A Ravenna, nelle sale di Palazzo Malagola, è stata inaugurata il 14 dicembre una nuova mostra dedicata ai materiali dell’archivio personale del celebre artista e frontman degli Area, Demetrio Stratos. L’esposizione sarà visitabile fino al 31 gennaio 2025.

A Ravenna la mostra dedicata a Demetrio Stratos

Nato Efstratios Demetriou ad Alessandria d’Egitto nel 1945 da genitori greci, si trasferì in Italia nel 1962, a Milano, per studiare Architettura. Iniziò a cantare per caso, sostituendo il cantante di un gruppo musicale studentesco in cui suonava la tastiera. Nel 1967 divenne il cantante del gruppo I Ribelli, che lasciò nel 1970 per poi fondare nel 1972 il gruppo Area. Dalle potenzialità vocali sbalorditive, Demetrio Stratos ha dedicato la vita alla ricerca delle sperimentazioni vocali.

Intitolata “Fino ai limiti dell’impossibile: la ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979. Secondo movimento”, la mostra è la prosecuzione di quella che fu dedicata all’artista un anno fa con il titolo “Amorevolmente progredire; amorevolmente regredendo”, allestita negli stessi spazi. Medesimi sono anche i curatori: Ermanna Montanari ed Enrico Pitozzi.
«La necessità è quella di mettere a disposizione del pubblico l’intero archivio di Demetrio Stratos che abbiamo avuto l’onore di gestire a partire dal 2001 grazie all’incontro fecondo con Daniela Ronconi Demitrìou, la moglie di Stratos, e il Comune di Ravenna, che ha ricevuto l’archivio e che ha permesso a noi di curarlo» ci racconta Enrico Pitozzi.

«Il “primo movimento”, che è stato realizzato lo scorso anno, metteva in esposizione una serie di documenti e materiali sonori che riguardavano sostanzialmente la relazione di lungo corso fra Stratos e John Cage – racconta Pitozzi – Quest’anno abbiamo pensato che tutta l’altra parte di materiali rimasta fuori doveva essere (ri)conosciuta da parte del pubblico e quindi abbiamo cercato di lavorare in continuità con il lavoro dell’anno scorso».

Se quindi il “primo movimento” della mostra aveva esplorato il rapporto di Stratos con altri artisti, in particolare John Cage, il nuovo appuntamento espositivo espande il focus tematico presentando nuovi documenti che raccontano la ricerca di Demetrio Stratos nelle sonorità extra-europee. «Le due traiettorie che abbiamo privilegiato nell’esposizione di quest’anno – continua il curatore – riguardano, da un lato, la sua ricerca sui limiti del linguaggio ossia il rapporto con il linguaggio infantile che è per Stratos il punto di partenza di una ricerca intorno al pre-linguistico, cioè a tutte quelle forme che non sono ancora divenute linguaggio comunicativo ma permettono di esplorare sonoramente la materia della voce».
Questa parte di ricerca di Stratos è testimoniata anche da inediti documenti sul suo lavoro all’interno delle scuole.

«Dall’altro lato, la seconda linea che abbiamo privilegiato è la ricerca sonora e musicale di Stratos intorno alle tradizioni musicali e sonore del bacino mediterraneo, fino al canto difonico, proprio della tradizione mongola e tibetana; a partire ovviamente dalla sua radice greca», aggiunge Pitozzi.
L’importanza del lavoro di Demetrio Stratos, la sua ricerca e sperimentazione delle sonorità e della vocalità va scoperta e riscoperta perché è stata «estremamente contemporanea ma profondamente ancorata a delle radici arcaiche. Tiene in connessione mondi apparentemente lontani fra loro all’interno di una dimensione che è materiale e spirituale, perché è come se la voce attraversasse i singoli corpi ma non appartenesse mai ad ognuno di questi».

Si aggiunge ai manifesti storici, materiali audiovisivi, documenti cartacei e fotografici, e alle esperienze di ascolto immersivo che compongo l’esposizione anche la possibilità di vedere sia il film-documentario “La voce Stratos”, diretto da Luciano D’Onofrio e Monica Affattato, sia un documentario in cui Demetrio Stratos esprime il suo lavoro tecnico intorno alla voce «e lì c’è una dimensione molto importante da un punto di vista politico – sottolinea Pitozzi – Perchè la ricerca vocale di Demetrio Stratos è una ricerca che tutti possono sviluppare. Si tratta di esplorare il potenziale vocale di ogni soggetto e questo credo che, in quegli anni, la metà degli anni Settanta, fosse uno dei gesti più rivoluzionari».

ASCOLTA L’INTERVISTA A ENRICO PITOZZI: