La morte di Mostafa Hait Bella avvenuta ieri a Torino è l’ultimo dei tanti episodi che ha portato alla luce la questione dell’accoglienza dei senza fissa dimora, a cui si devono proporre soluzioni immediate, dettate principalmente dall’urgenza della pandemia e dell’inverno.
Mostafa Hait Bella era un fioraio di 59 anni che aveva iniziato a vivere per strada dopo aver perso il suo lavoro. Tutto ciò è accaduto nella “tradizionalmente solidale” città di Torino, dove questo pomeriggio è in programma un vertice in Prefettura con la sindaca e il vescovo dper affrontare l’emergenza con un nuovo modello d’accoglienza.

Un modello che dovrà rispondere delle numerose polemiche che si sono scatenate in seguito a allo sgombero di sette clochard avvenuto nel centro della città, dove sono stati allontanati da polizia e vigili urbani. L’intervento delle forze dell’ordine era scattato in seguito alla denuncia di alcuni residenti della zona. Dopodiché si è proceduto alla “sanificazione” delle strade. Un’operazione che mette sotto il tappeto un problema di portata nazionale, senza il coraggio di affrontarlo di petto: l’emergenza dei senza fissa dimora, ora aggravata dal freddo e dagli scarsi aiuti, già dimezzati a causa della pandemia.

Senza fissa dimora, la risposta della Comunità di Sant’Egidio

La comunità di Sant’Egidio nei giorni scorsi ha firmato una lettera aperta contro lo sgombero dei senza fissa dimora, chiamando alla responsabilità le istituzioni. Già lo scorso 31 gennaio, la Comunità aveva lanciato un appello indirizzato a tutto il Paese per una raccolta straordinaria di aiuti a favore di chi vive per strada. L’appello è stato lanciato principalmente per sollecitare l’apertura di edifici pubblici e alberghi attualmente chiusi per il Covid-19.

A Torino, i posti messi a disposizione nei dormitori sono stati dimezzati per esigenze di distanziamento e non reggono il numero dei soggetti allontanati dagli sgomberi. A Roma, invece, la Comunità, la Caritas e le altre associazioni accolgono complessivamente 1.700 persone, il doppio rispetto alla disponibilità del comune di Roma. Rispetto al vuoto delle istituzioni, intervengono le associazioni di volontariato a livello nazionale, ma tutto ciò non basta a fronteggiare i danni del freddo e della pandemia.

Servono infatti risposte che inseriscano i senza fissa dimora nel tessuto sociale delle città, piuttosto che provocarne l’esclusione. La comunità di Sant’Egidio ha portato all’attenzione come le condizioni di vita dei senza fissa dimora si stiano aggravando non soltanto a causa della pandemia, ma soprattutto per il freddo. Si richiedono, per questo, delle strutture d’accoglienza adeguate, attraverso le quali rispondere all’emergenza. Soluzioni che non colpevolizzino la povertà o alla necessità di decoro, considerata priorità di troppi comuni, non solo quello di Torino.

L’assenza di soluzioni istituzionali

L’assenza di una soluzione concreta da parte delle istituzioni privilegia troppo spesso la necessità di “decoro”, in favore di un’esigenza di sicurezza che troppo spesso giustifica atti come sgomberi in una pluralità di fenomeni urbani che molto spesso non hanno a che fare con la criminalità, ma con la marginalizzazione degli stessi soggetti. Ma chi sono quei cittadini che turbano i centri delle città? Per la maggior parte senza fissa dimora da contenere e allontanare, piuttosto che includere all’interno del tessuto cittadino.

L’allontanamento dei clochard a Torino non affronta il problema, creando ulteriore disagio sociale per i soggetti coinvolti. Dall’inizio dell’inverno sono morte 12 persone a Roma, mentre a Torino sono circa 300 le persone senza dimora in città, ma non si può limitare il problema a una questione di cifre. Come ha sottolineato Roberto Zuccolini, giornalista e portavoce della Comunità di Sant’Egidio, «i senza fissa dimora vengono troppo spesso trattati come numeri, tralasciando il fatto che si ha a che fare con la drammatica situazione di vite umane».

Occorre lottare per delle città che non privilegino soltanto interessi di pochi, ma che salvaguardino la vita di tutti coloro che le abitano. Contro chi usa la forza a discapito di chi forza non ne ha più e che non si lasci indietro nessuno, attraverso un sistema di accesso più immediato.

Vittoria Torsello

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