In occasione dell’8 marzo la Regione presenta i risultati della ricerca “Chi dice donna…”, da cui emergono le disparità e gli stereotipi sul genere femminile. Donne più preparate, ma meno occupate e pagate. Aumentano le rassegnate (Neet). L’assessore Bortolazzi: “Dobbiamo riflettere sugli effetti delle nostre politiche sui generi”. Allarme per i femicidi.
È una Festa della Donna ricca di contenuti quella che si celebra oggi. Se tutte e tutti ritengono insufficiente una giornata per affrontare le molte tematiche che riguardano la condizione femminile, la ricorrenza diventa però un’occasione da riempire di contenuti.
A partire da quelli più drammatici, come la violenza o l’omicidio di donne.
Dopo la strage di Brescia di qualche giorno fa, dopo che domenica a Piacenza e a Verona due donne sono state uccise dai partner, anche ieri a Minerbio due donne sono state accoltellate da un familiare.
120 le donne uccise in Italia nel 2011 per motivi di genere, secondo la rilevazione della Casa delle donne sulla stampa nazionale.
Secondo dati della Polizia di Stato, nel 2010 2.300 donne hanno subito lesioni personali, 7.000 hanno subito percosse e 3.500 violenze sessuali. Nel 2011 la Casa delle donne ha accolto 618 donne, il 94% per motivi di violenza, ha ospitato 24 donne e 22 bambini/e. Si tratta di donne italiane nel 60% dei casi, quasi il 70% ha figli/e che vengono maltrattati o assistono alla violenza. La crisi e i tagli effettuati sui bilanci degli enti locali, inoltre, diminuiscono le risorse destinate al centro antiviolenza, proprio nel momento in cui le donne arrivano sempre più povere a chiedere aiuto: circa il 70% di loro dichiara un reddito insufficiente o inesistente. La dipendenza economica è uno dei fattori chiave che rende difficoltoso il percorso di uscita dalla violenza.
L’omicidio e la violenza, però, non sono gli unici problemi che le donne si trovano a fronteggiare. Il mondo del lavoro è un altro settore in cui le discriminazioni si sprecano.
Questo è uno dei tanti aspetti emersi dalla ricerca “Chi dice donna…”, commissionata dalla Regione Emilia Romagna e presentata ai nostri microfoni da Donatella Bortolazzi, assessore regionale alle Pari Opportunità.
Dallo studio emerge che sebbene le donne siano mediamente più istruite, risultano meno occupate degli uomini. Pochi giorni fa, inoltre, uno studio europeo ci ha ricordato che, a parità di mansioni, le donne percepiscono anche stipendi inferiori.
In Regione spaventa il numero delle “rassegnate”, le cosiddette “Neet” (Not in education, employment or training), giovani donne che non studiano e non cercano nemmeno più un lavoro. Quasi due su dieci le giovani in questa condizione, rispetto all’11,9% dei colleghi maschi.
“È tempo che la politica si preoccupi della ricaduta che i propri provvedimenti avranno sui generi”, afferma l’assessore Bortolazzi, che si dice favorevole anche a misure coercitive ad esempio sul tema della disparità di retribuzioni o sui congedi parentali.
Secondo la Bortolazzi, inoltre, una politica di Pari Opportunità degna di questo nome è quella che non scade nello stereotipo opposto a quello paternalistico: “Dire che le donne sono necessariamente più brave in risposta ad una cultura che le considera inferiori è altrettanto sbagliato”.
La strada della libertà e dell’emancipazione femminile, in ogni caso, passa attraverso il cambiamento culturale. È per questo che la Regione ha finanziato progetti sulle differenze di genere rivolti alle scuole di ogni ordine e grado che hanno raggiunto più di seimila famiglie.