«È andata molto peggio di quanto ci aspettassimo, non vediamo nessuna azione che possa alleviare la situazione di mia figlia. Siamo stati lasciati soli. Abbiamo chiesto due cose, i domiciliari in Italia o in alternativa in ambasciata in Ungheria e entrambe ci sono state negate. Credo che mia figlia resterà ancora per molto tempo in carcere e la vedremo ancora in catene ai processi». Sono amare le parole del padre di Ilaria Salis all’uscita del ministero della Giustizia dopo gli incontri con i ministri degli Esteri e della Giustizia Antonio Tajani e Carlo Nordio.

È caduta presto la maschera indossata dal governo Meloni dopo lo scandalo suscitato dalle immagini di Ilaria in catene e guinzaglio alla prima udienza del processo a suo carico, nel quale è accusata di aggressione a dei neonazisti e di affiliazione all’organizzazione tedesca Hammer bande. Sia nell’incontro del ministro Tajani con l’ambasciatore ungherese in Italia, sia in quello della premier Giorgia Meloni con l’omologo Victor Orban, il governo italiano si è limitato a raccomandazioni sulle condizioni detentive dell’antifascista e nulla più.

Gli strumenti europei di cooperazione giudiziaria che lo Stato italiano potrebbe attivare per Ilaria Salis

Eppure, secondo Susanna Marietti dell’Associazione Antigone esistono strumenti europei di cooperazione giudiziaria che potrebbero essere attivati che non impegnerebbero il governo in un’azione politica, come quella rappresentata dalla richiesta di estradizione.
Strumenti che anche la commissaria europea Mairead McGuinness ha evocato, sottolineando che gli arresti domiciliari chiesti per l’imputata sono in linea con il quadro europeo.
E se nell’esecutivo italiano si alternano dichiarazioni contrastanti, non ultima quella del viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, secondo cui l’Italia sta lavorando affinché Ilaria possa ottenere un provvedimento di arresti domiciliari in Ungheria per poi portarla in Italia, il mantra ripetuto a più riprese è «non possiamo fare ingerenze nel sistema giudiziario ungherese».

«Ci sono degli strumenti normativi, delle decisioni quadro sul trasferimento dei prigionieri che sono all’interno dello spazio di cooperazione giudiziaria che l’Unione europea prevede – insiste Marietti – Non si tratta del ministro che interviene, ma è un lavoro fra giudici. Il governo italiano dovrebbe mettere in moto questi strumenti con un po’ più di vigore».

Il rapporto sulle carceri ungheresi e il conto per sostenere le spese legali

Proprio l’Associazione Antigone ha recentemente pubblicato un rapporto dello Hungarian Helsinki Comittee sulle condizioni in cui versano le carceri ungheresi.
Dal rapporto emerge che «nove anni dopo che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Ungheria per aver violato il divieto di trattamenti inumani e degradanti a causa delle sue condizioni carcerarie, i detenuti continuano ad affrontare condizioni di vita al di sotto degli standard europei. Questa continua violazione dei diritti umani persiste soprattutto a causa del sovraffollamento sistematico. Inoltre, le autorità carcerarie ungheresi fanno uso sistematico di contenzioni fisiche quando presentano in tribunale gli imputati detenuti, una pratica che viola sia il diritto dell’UE che gli standard giuridici nazionali».

Nel frattempo il fumettista Zerocalcare rilancia l’iban per la raccolta fondi in favore di Ilaria Salis. «Quella di Ilaria è una difesa costosissima – scrive Zerocalcare – perché oltre alle spese vive ci sono da pagare le traduzioni, avvocati di due paesi, ecc, quindi chi ha desiderio e possibilità di contribuire può farlo su questo Iban, messo su dalle Brigate Volontarie per l’Emergenza, che era l’associazione con cui operava Ilaria».
Il numero di conto, intestato proprio alle Brigate Volontarie per l’Emergenza, è: IT 20Z0623001616000015293082.

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