“Doc, tre figli piccoli e mi sento una madre terribile”
“23y, non riesco a continuare la terapia, troppo doloroso, è normale?”
“Doc, ho subito violenza da piccola, oggi ho problemi relazionali. Possibile nesso?”


È questo il tenore dello scambio social che la psicologa, psicoterapeuta e analista Stefania Andreoli intrattiene ogni martedì sulla sua pagina Instagram. Per lei e per la sua community, semplicemente, “il martedì delle parole”.
“L’ Andreoli” o “la Doc”, come la chiamano e come si fa chiamare, tiene attiva una community social di oltre 300 mila persone, tra cui giovani adulti, adolescenti, genitori, adulti, anziani. Una platea estremamente varia che si rende partecipe di un dialogo potentissimo sui temi del disagio psicologico, ma anche della vita vissuta, degli accidenti del quotidiano essere umani.
Andreoli è un volto che ricorre in tv, dove per tre stagioni di Non è l’arena di Massimo Giletti è stata ospitata in qualità di esperta in materia di cronaca e minori. Non va male neppure al microfono. Dal 2019 ha una rubrica fissa da Catteland su radio Deejay ed è stata impegnata in un podcast del Corriere della Sera con Barbara Stefanelli il cui titolo è “Essere grandi – Perfetti o felici”.
La fortuna della Doc dei social viene in realtà da una serie di pubblicazioni di successo con l’editore Rizzoli. Nel 2016 esce con “Mamma ho l’ansia” per poi continuare sull’onda di “Mio figlio è normale?” nel 2020 e di “Lo faccio per me” nel 2022. “Perfetti o felici” è ultima uscita di questo marzo, presentata in moltissime date in giro per l’Italia. Anche Bologna l’ha accolta a maggio in una Sala Borsa gremita e trepidante, in cui a presentarla è stata l’attivista e scrittrice Carlotta Vagnoli.
Con dialettica e personalità magnetica, la Doc dei social porta sui media digitali e non solo il linguaggio e la delicatezza professionale della psicoterapia, in una divulgazione che ondeggia abilmente tra il sacro e il profano, senza mai banalizzare. Diventa anzi un buon osservatorio, da una buona angolatura, per i tempi che corrono.
La quantità (e qualità) di storie incastrate nella box domande delle storie Instagram di @lastefiandreoli, così come i numeri che vanta con l’editore Rizzoli, smettono di sorprendere nel momento in cui si pensa al “fenomeno Andreoli” come a una parte della crescente attenzione al tema della salute mentale.
Su questo la dottoressa è molto chiara. Andreoli dichiara a più riprese, nel suo ultimo libro e nelle più recenti uscite pubbliche, che il racconto delle sue pagine sia la realtà inquadrata da un’ottica professionale ma, a ben vedere, sotto gli occhi di tutti. Quella del disagio di una generazione, i giovani adulti di ora, data per persa in partenza, che sgomita per cercarsi nel mondo, e che non si trova o non trova spazi. Senza vittimismi, ma con un forte j’accuse (che non manca di autoriferirsi), Andreoli parla in particolare di un rapporto in crisi, quello tra i giovani adulti, categoria antropologica che va dai venti ai 30, e gli adulti stessi. O meglio, di una crisi del ruolo educativo, di una grande bugia che cessa di essere creduta. Quella di una vita inautentica e votata al mito del successo, infelice, malata, e detrattiva per tutti.
Andreoli dà voce nelle pagine del suo ultimo libro ai giovani pazienti che portano nella stanza delle parole, e cioè in psicoterapia, il disperato bisogno di giocarsi la vita nel campionato dell’essere piuttosto che del fare. Si tratta di rivendicare una qualità di vita diversa, che passa innanzitutto da una richiesta di verità, di rapporti autentici e di aspettative reali. Così, Andreoli parla di fragilità, di fallimento, di famiglia, amici, amore, sesso e lavoro, di merito e di competizione. Lo fa con le parole sue e dei suoi pazienti che portano in terapia un po’ tutti le stesse questioni. Da qui la necessità – dice la dottoressa – di questo libro.
Svelata la grande illusione di un modello di perfezione impossibile perché irraggiungibile, cos’altro serve a eliminare un sistema meritocentrico e competitivo, non più funzionale (se mai lo è stato)? L’aiuto dei giovani – dice Andreoli – portatori di soluzioni nuove. Lasciamo fare a loro, non ci vogliono lasciare indietro.