Ricapitoliamo per chi non lo sapesse, perché si parte dalla notte dei tempi. Cioè da quando, una trentina di anni fa (nel 1993), una ragazza catanese viene proposta a Sanremo e ammalia con “Ma non ho più la mia città” tutt’ora il suo pezzo più famoso, attraverso il quale fa passare la sua bravura e una carica non comune. L’anno dopo torna a Sanremo e pare avviata bene alla professione di cantautrice. Il suo successo però piano piano decresce (come avviene per quasi tutti) e tuttavia nel 2000 viene rimandata a Sanremo con un brano che arriva primo per la giuria popolare e sesto nella classifica finale.
Poi, chi non la segue assiduamente ne perde le tracce, in quanto sparisce dalla grande lavatrice di playlist radiofoniche e apparizioni sugli schermi. Ma si dice “lavatrice” proprio perché per 100 personaggi che vengono messi in lavatrice, almeno 90 torneranno nell’anonimato. E’ l’industria del pop, funziona come l’allevamento dei pulcini. Chi viene ritenuto non adatto a produrre soldi subito va nel tritacarne, chi produce soldi viene mantenuto per un po’, chi si ammala o zoppica viene buttato nel saccone dell’immondizia.
Da una quindicina d’anni la Trovato fa sapere che è in depressione, che si sente esclusa, che mangia alla Caritas. Fa anche alcune ospitate nei programmi lacrimevoli e insomma dipinge di sé questo quadro, sul quale non vorrei avanzare dubbi perché non posso conoscere le situazioni degli altri. Tuttavia, provenendo da una famiglia agiata, mi sembra strana questa estrema indigenza, ma tutto è possibile.
Sta di fatto che in questo periodo di buio, fino al 2016 pubblica dischi, cioè significa – scusate il conto un po’ da ragioniere – che per circa 15 anni l’industria discografica le ha pagato studi di registrazione, musicisti e arrangiatori, stampe dei cd e insomma tutto il necessario. Le vengono “fornite” collaborazioni per duettare con altri artisti, tra i quali Renato Zero. Ci sono bravissimi artisti che in questa magica ruota non entrano mai.
Il post di ferragosto e i brani tornati in classifica
Il 16 agosto del 2024, pochi giorni fa, Gerardina ha l’impulso e l’arguzia di postare su TikTok un toccante video nel quale dice: «Ho sempre pensato che quello che conta è la gente, e noi non saremmo niente se non ci foste voi. Non mi abbandonate, diventate sempre di più perché siete la mia forza». Lo ha fatto in occasione di una serata di paese nella quale finalmente è salita sul palco col microfono in mano. Capisco bene l’emozione del ritorno, e il video è sincero e toccante, l’emozione di Gerardina è evidente e indiscutibile.
Da quel giorno il delirio: il Corriere della Sera ha scritto un articolo su questo video e sulla storia travagliata che sta a monte, e il popolo del social è contagiato dalla retorica dell’”aiutiamo Gerardina”, “facciamo una petizione per mandarla a Sanremo”, “ridiamo la vita a Gerardina”. Alcuni pezzi storici sono addirittura tornati in classifica a Spotify!.
Il vittimismo messo in vetrina conquista le masse ingenue
Ora, la Trovato è in effetti male in arnese, a parte i decenni di più si è trascurata e lo si vede. Ma questa storia ha dell’inverosimile. L’Italia è costellata di bravissimi artisti che sono stati rigettati dal mondo mediatico, per scarsi risultati (meramente commerciali) che possono capitare a tutti. Negli anni ‘70 era accettato non fruttare denaro per un po’, gente come Lucio Dalla è stata una perdita di soldi per 10 anni, poi arrivò il successo esplosivo e indelebile. Adesso, non ti danno 10 anni e non te ne danno nemmeno 3. Tantissimi artisti vivranno fino alla morte con l’eterno rimpianto di come le cose sarebbero potute andare diversamente, sicuramente moltissimi di loro hanno attraversato lunghe depressioni senza esternarle. Pudore e dignità sono valori immensi. E tutta questa gente, gente con la schiena dritta, prende atto della sconfitta, prende atto che realtà e aspettative non hanno trovato un accordo, si rimbocca le maniche e si approccia alla vita normale, con lavori anonimi e insoddisfacenti con cui sbarcare il lunario, e continua (se ne ha voglia e se rimane un po’ di energia) a proporsi nei localini per la gioia di suonare davanti a qualcuno. Senza clamori, senza gridare in giro che si sono dovuti rivolgere alla Caritas…embé? La Caritas è piena di gente che ha subito un declino. Tanti vanno dalle stelle alle stalle per una separazione, altri per aver perso il lavoro in età non più verde, non ci vuole per forza una mancata riconferma a Sanremo. E non sta scritto da nessuna parte che se hai la colossale fortuna di essere prodotta dalla Caselli, che ti dà autori e arrangiatori di primordine, una stampa compiacente e ti manda a Sanremo…non è mica detto che questa condizione dorata debba rimanere per sempre. Se vai in depressione hai tutta la mia solidarietà umana, volendo potresti ammazzarti ma se invece alla fine ti fai risucchiare dall’inerzia della vita hai mille modi per riciclarti. Sia nel mondo della musica sia nelle milionate di altre attività umane. Certo, è ingiusto che una stella non possa brillare, ma la vita e i suoi intrecci sono crudeli.
Vuoi fare di professione l’artista decaduta? La bambina triste a cui hanno rubato il biscottino e che non tornerà a sorridere fino a quando non glielo ridanno? A quasi 60 anni te la senti ancora? E’ una scelta, rispettabile come tutte le scelte, ma anche ingiuriosa verso le tante persone che alle 7 del mattino popolano le pensiline degli autobus o stipano le metropolitane. La mia invettiva non va a Gerardina Trovato, ma alla pletora di pecoroni che per qualche giorno l’hanno sostituita alle diatribe sul sesso delle pugilesse. Ma tanto è già ripreso il campionato di calcio.