Ostacolati da un’informazione controllata e censurata, duramente repressi dalle forze dell’ordine, che intervengono pochi secondi o pochi minuti dall’inizio di una manifestazione.
Se in questi giorni abbiamo visto riempirsi piazze pacifiste in molti Paesi, tra cui le tante piazze italiane e le 500mila persone scese in piazza a Berlino, anche in Russia esistono i pacifisti e si palesano in tutte le città, a partire da Mosca e San Pietroburgo. Ma la loro vita non è affatto facile, perché immediatamente vengono fermati e arrestati dalla polizia russa.
Secondo alcune stime, che per forza di cose non possono essere ufficiali, sono 4500 le persone arrestate dal 24 febbraio perché scese in piazza per protestare contro la folle avventura bellica voluta dal presidente Vladimir Putin.

Guerra in Ucraina, i pacifisti incorrono nell’immediata repressione

«Se da voi in Italia le notizie arrivano frammentate, qui in Russia lo sono ancora di più perché c’è uno strettissimo controllo dei media e una serie di fake news che non si erano mai viste prima – racconta ai nostri microfoni Giorgio, italiano che lavora in Russia – Il dissenso però c’è ed è parecchio. Molte personalità di spicco hanno preso posizione contro le attuali linee di governo russe. Molte delle persone che conosco io, che si sono sempre definite putiniane di ferro, ora cominciano a pensarla in modo un po’ diverso, a non capire quali siano i prensieri del presidente».
Tra le personalità che hanno preso pubblicamente le distanze troviamo la direttrice del Meyerhold Center, il teatro statale di Mosca, Elena Kovalskaya, giustificando le sue dimissioni con queste parole: «È impossibile lavorare per un assassino e riscuotere uno stipendio da lui».
Prese di posizione sono arrivate anche da parte dell’anchorman Maksim Galkin, della rockstar Zemfira Ramazanova e del cantante Valery Meladze.

«Anche i più alti consiglieri, quelli che lavorano a stretto contatto col presidente, se da un lato fanno vedere un appoggio totale a Putin, dall’altro ci sono molti esempi di insicurezza», racconta Giorgio, citando il video che ritrae Sergej Naryškin, direttore del Servizio di intelligence internazionale russo, che prova a suggerire di proseguire il dialogo con l’Occidente, ma viene gelato dallo stesso Putin e ne esce impaurito.
Accanto alle prese di posizione, però, ci sono le manifestazioni di piazza «che nascono e muoiono in un attimo perché vengono represse», osserva l’italiano in Russia. La repressione si concretizza in arresti e fermi di massa e spesso vengono coinvolti anche passanti che non stavano manifestando, ma passavano nel luogo sbagliato nel momento sbagliato.

La preoccupazione per l’effetto delle sanzioni occidentali sulle imprese europee in Russia

Giorgio lavora in Russia con una propria impresa e, oltre alla guerra già in corso e alla possibilità che sfoci in un conflitto mondiale e ancor peggio nucleare, è preoccupato anche per gli effetti che le sanzioni annunciate nei giorni scorsi dall’Europa potrebbero avere per la sua attività e quella di altre imprese europee operanti nel Paese.
«A parte le uscite a vuoto dell’ex presidente Dmitrij Anatol’evič Medvedev che proponeva di nazionalizzare i beni degli stranieri in Russia – osserva Giorgio – ci sono tante misure più verosimili, come l’esclusione della Russia dallo Swift, che sarebbero catastrofiche per noi».

Per fare qualche esempio, l’isolamento di qualsiasi banca russa dal sistema internazionale si tradurrebbe nell’impossibilità dei partner russi di avere un rapporto commerciale con le aziende italiane ed europee, di pagare le forniture, di aprire lettere di credito perché le banche europee respingerebbero quelle russe. Anche i divieti per le importazioni costituirebbero un’impossibilità fisica di esportare macchinari o altri beni in Russia.
«È per questo che tutti noi europei in questi giorni stiamo pensando a tutti gli scenari possibili – conclude Giorgio – ma non è così improbabile la chiusura totale delle nostre attività e il rientro in Italia, perché a questo punto diventerebbe difficile lavorare».

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