In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, anche il Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna diffonde i dati sulle attività svolte in regione. Sono due, in particolare, a segnalare l’efficacia dell’azione di contrasto della violenza di genere: l’aumento delle richieste di aiuto, che significa una riduzione del sommerso, e la diminuzione dei tempi delle relazioni violente, con le vittime che trovano più velocemente il coraggio di uscirne.
È su queste basi che il Coordinamento risponde direttamente al ministro Giuseppe Valditara, negazionista del patriarcato, sottolineando che proprio grazie all’approccio antipatriarcale si sono ottenuti questi risultati.

Con la lotta contro il patriarcato diminuiscono i tempi della violenza di genere

Dal primo gennaio al 31 ottobre 2024, le donne che si sono rivolte ai 15 Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna sono state complessivamente 4735. Fra di esse, le vittime di violenza sono state 4467, pari al 94,3%. Sono state 2952, coloro che per la prima volta, nel periodo indicato, si sono rivolte ad un Centro antiviolenza, pari al 65,5%, mentre le donne in percorso da anni precedenti, sono state in totale 1542, il 34,5%. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si è verificato un aumento dell’11,5% (+460 donne), che molti centri imputano all’onda emotiva per il femminicidio di Giulia Cecchettin. Nel 2023, erano state infatti 4007 le donne accolte che avevano subito violenza, un aumento che riguarda sia le donne nuove che le donne in percorso da anni precedenti.

Per quanto riguarda le tipologie di violenza subita, spesso plurime e contestuali, nell’arco di tempo considerato le donne che hanno subito violenza fisica sono state il 58,4% di tutte le donne accolte; coloro che hanno subito violenza economica sono state il 35,4%; le donne che hanno subito violenza sessuale il 17,4%; le donne che hanno subito violenza psicologica il 90,4%. Rispetto al 2023 si è verificata una leggera diminuzione di tutte le tipologie di violenza (-2 punti percentuali) subite dalle donne accolte, fatta eccezione per la violenza psicologica che è aumentata di 3 punti percentuali.

Quel che è positivo, sempre dai dati del Coordinamento, è che le donne restano meno tempo in una relazione violenta. Dal 2000 a oggi, le violenze della durata di sei anni o più sono diminuite del 10%: dal 51% al 40% dei casi. Nello stesso tempo, sono aumentate le richieste di aiuto delle donne che riportano di subire violenza da meno di un anno. Dal 2000 al 2024 l’aumento è dal 20% al 36%. Le donne riconoscono la violenza in tempi più brevi e interrompono più velocemente il ciclo della violenza: questo è il risultato del lavoro sul territorio portato avanti dai Centri Antiviolenza, non solo nell’accoglienza diretta ma anche a livello sociale e culturale.

Di qui l’affondo contro il ministro Valditara, che la settimana scorsa aveva negato l’esistenza del patriarcato (che sarebbe finito nel 1975 con la riforma del diritto di famiglia) sostenendo che chi ancora lo agita lo fa per ideologia.
«Che il patriarcato e la violenza contro le donne continuino a esistere nonostante l’aggiornamento del diritto di famiglia del 1975, ce lo raccontano le decine di migliaia di donne che abbiamo accolto negli ultimi vent’anni – sottolinea il Coordinamento – Ricondurre il femminicidio commesso da italiani, come ha fatto il ministro, a residui di maschilismo, vuol dire minimizzare un fenomeno che è strutturale. Patologizzarlo come disturbo narcisistico, vuol dire connotarlo come un problema individuale che riguarda la sanità, invece è un problema sociale e politico».

Per i centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna, quindi, è in corso un tentativo di strumentalizzare il fenomeno della violenza maschile a vantaggio della propaganda sull’allarme immigrazione. Nello stesso tempo, la negazione della matrice culturale della violenza maschile, alimentata da una storica asimmetria di potere tra uomini e donne, rivela una precisa strategia politica, di non contrastare quelle disparità, di non intervenire per sradicare pregiudizi e stereotipi.
«Magari si riuscisse a cambiare la cultura patriarcale con una legge – commenta ai nostri microfoni Laica Montanari, presidente del Coordinamento – La chiederemmo a gran voce. Ciò che ci ha stupito delle parole del ministro, che ha parlato di ideologia, è che vanno proprio in contrasto con tutta l’opera dei centri antiviolenza, che dimostra quanto sia importante diffondere la cultura contro la violenza maschile sulle donne».

ASCOLTA L’INTERVISTA A LAICA MONTANARI: