A pochi giorni dalla notizia dell’inizio dei lavori per la costruzione della Fabbrica Italiana Contadina, sono sempre più forti le perplessità sul progetto. Dall’impatto finanziario alla ricaduta in termini di posti di lavoro, Wolf Bukowski, del blog Foglia di Fico, spiega tutte le ragioni della contrarietà al parco agroalimentare.

FICO, il Parco Agroalimentare che sorgerà negli spazi di CAAB, aprirà i battenti nel 2015, e sarà direttamente collegata all’Expo di Milano. Già da aprile, si è appreso, dovrebbero prendere avvio i lavori. La struttura, un grande parco tematico nell’idea dei promotori, dovrebbe ospitare circa 6 milioni di visitatori l’anno, ricostruendo tutta la “vita” del cibo, dalla coltivazione alla tavola. Il personaggio di spicco di tutta l’operazione è, senza dubbio, Oscar Farinetti, inventore di Eataly e paladino delle cosiddette “eccellenze” alimentari.

Non tutti, però, vedono in FICO soltanto una grande opportunità per Bologna. I più attivi sono gli autori del blog fogliadifico.noblogs.org, che stanno sottolineando tutte le contraddizioni della nuova grande opera.

Fico, sostengono i promotori, non costerà un euro alla collettività. Eppure, il Comune di Bologna, proprietario all’80% del Caab, la piattaforma ortofrutticola dove sorgerà FICO, cederà delle strutture che hanno un valore e che “sta ancora pagando” secondo Wolf Bukowski, scrittore, blogger e tra gli animatori di Foglia di Fico. Il Caab, va detto, è in costante declino, ma secondo il blogger le responsabilità sono da ricercarsi in quella classe politica, “collusa” con la grande distribuzione, che ha scelto di costruire 20 anni fa, un hub sovradimensionato, poi abbandonato dalla stessa grande distribuzione.

“Ci hanno investito (nel Caab, ndr) 20 anni fa. Sono soldi pubblici che stanno ancora pagando. Inoltre la Regione si è già precipitata ad anticipare, però poi non dicono se mai rientreranno, il 70% di 4 milioni per comprare i Fico-bus. Siamo alla farsa in cui ci sono risorse pubbliche e loro continuano a dire che non c’è niente di pubblico“.

Anche sul controllo pubblico dell’opera Bukowski è scettico, sostenendo come la maggioranza pubblica nel Fondo Pai, costituito per la gestione dell’opera, sia debole e come potrebbe diventare facilmente minoranza con l’ingresso di un nuovo investitore.

Il blogger è ancora più netto sulle ricadute occupazionali dell’opera (si stimano circa 5000 impiegati tra addetti diretti e indotto). “Secondo i dati CGIA di Mestre, per ogni posto prodotto nella grande distribuzione, se ne perdono 6 nel resto del territorio.” La leva dei posti di lavoro è sempre, secondo Bukowski, utilizzata in funzione di ricatto, “ma i posti di lavoro ci sono nelle realtà dove effettivamente possono sorgere: questi sono posti sottratti ad altre realtà” sostiene.

I dubbi non mancano, insomma, e se ne potrebbero elencare altri. Resta da capire come fugarli.