All’indomani del 25° anniversario della morte di Fabrizio De Andrè, ricostruiamo una vicenda poco nota, risalente al 1992, che vide protagonista il cantautore genovese e un gruppo di detenuti in un carcere sardo. Al pari di Johnny Cash, che suonò per i carcerati della Folsom Prison, in California, De Andrè incontrò e suonò per i detenuti della casa di reclusione di Is Arenas.

La “Folsom Prison” di De Andrè: l’incontro/concerto coi detenuti di Is Arenas in Sardegna

Era il 13 gennaio 1968 quando il cantautore statunitense Johnny Cash tenne un vero e proprio concerto per i detenuti di Folsom Prison, in California. Undici anni prima, Cash aveva composto un brano intitolato Folsom Prison Blues, in cui raccontava in prima persona le sensazioni che un detenuto provava nel sentire il suono del treno all’esterno del carcere in cui era recluso.
In Italia colui che più di ogni altro ha saputo mettersi nei panni delle persone recluse è senza dubbio Fabrizio De Andrè. Dalla “Ballata del Miché” a “Don Raffaè”, da “Nella mia ora di libertà” a “Un giudice”: sono diversi i brani del cantautore genovese che hanno assunto la prospettiva di chi ha problemi con la giustizia.

Quello che poche persone sanno, però, è che nel 1992 De Andrè fece qualcosa di simili a Johnny Cash, incontrando e suonando per i detenuti della prigione di Is Arenas, in Sardegna.
Tutto nacque da un servizio giornalistico realizzato dagli stessi detenuti e pubblicato sulla rivista degli istituti penitenziari dell’epoca. “La cattiva strada” era il titolo dell’articolo, che riprendeva un celebre brano di De Andrè e che nacque in seguito ad un laboratorio nel carcere in cui si analizzavano le canzoni e la poetica del cantautore genovese. Una copia della rivista fu recapitata alla tenuta agricola di De Andrè in Gallura.

A ricostruire questa storia ai nostri microfoni è Sandro Marilotti, che nel 1992 era direttore del carcere di Is Arenas. Nella primavera di quell’anno Marilotti fu contattato dallo stesso De Andrè, che gli domandò se era possibile incontrare i detenuti per ringraziarli del lavoro svolto.
La direzione carceraria acconsentì e il cantautore «pose solo una condizione: niente stampa e niente televisioni: voleva un incontro quasi in incognito», ricostruisce l’ex direttore del carcere.
L’incontro si svolse nell’estate dello stesso anno e si compose di una chiacchierata coi detenuti e di un piccolo concerto improvvisato.

«De Andrè si mostrò molto disponibile verso i detenuti, rispondendo senza reticenze a tutte le domande e rifiutando di essere considerato un mito», osserva Marilotti.
Le domande dei detenuti, del resto, non furono poche, anche su temi molto delicati, come il sequestro subito da De Andrè e Dori Ghezzi dall’agosto al dicembre del 1979, proprio in Sardegna. «I detenuti gli chiesero se sarebbe venuto ugualmente se tra di loro vi fosse stato uno dei suoi sequestratori e perché rinunciò a costituirsi parte civile nel processo».

Dopo circa due ore di intervista, un detenuto ha estratto una chitarra, porgendola a De Andrè e chiedendogli di intonare qualche canzone per loro.
«Senza scomporsi, De Andrè impugnò la chitarra – racconta l’ex direttore del carcere – e con la sua voce calda e profonda inebriò la piccola platea, che seguiva incredula, commossa, con tante lacrime spontanee che sgorgarono dagli occhi dei presenti. È stato il momento più toccante di tutta la giornata, non solo per i detenuti».

ASCOLTA L’INTERVISTA A SANDRO MARILOTTI: