Il Perù al voto sembra aver scelto la figlia dell’ex presidente-dittatore Alberto Fujimori. Sarà decisivo, però, il ballottaggio del 5 Giugno: a sfidarla Pedro Paulo Kuczynski, candidato liberale, e il volto “nuovo” Veronica Mendoza, esponente della sinistra.

5 aprile 1992, con un videomessaggio entrato nella storia, il presidente Alberto Fujimori si rivolge al Perù per annunciare lo scioglimento del Parlamento e la sospensione dei maggiori organi giudiziari del paese. Non passa molto tempo prima di vedere l’esercito varcare la porta di quotidiani, emittenti televisive e stazioni radio. È un golpe, anzi, un auto-golpe. I peruviani ricordano molto bene quel giorno: la dittatura di Fujimori è terminata nel 2000, tuttavia, non manca di far pesare la propria eredità ancora adesso. Sono passati 24 anni, il Perù di oggi è una democrazia “giovane” ma stabile, d’altra parte, corruzione e ineguaglianza l’affliggono, oltre a un passato che non passa.

5 aprile  2016, decine di migliaia di peruviani scendono in strada per ricordare. Stavolta, però, la ricorrenza ha un sapore diverso. Pochi giorni dopo, domenica 10 aprile, il Perù voterà per le presidenziali e il candidato con maggiori possibilità di vittoria risponde al nome di Keiko Fujimori. Non si tratta di un caso di omonimia: la leader di Fuerza Popular è figlia dell’ex dittatore di origini nipponiche che proprio in Giappone ha vissuto fino al 2005. Arrestato durante un viaggio in Cile è tuttora in carcere: nel 2009 è stato condannato a 25 anni per l’omicidio di 30 persone, sequestro di persona e violazione dei diritti umani.  

La China, “la cinese”, come viene soprannominata la Fujimori, ad urne ormai chiuse, sembra aver fatto ancora meglio di quanto ci si aspettasse: potrebbe aver raccolto addirittura il 40% dei consensi, d’altra parte, lo spoglio dei voti è ancora in corso. Sicuramente un riscontro importante ma che comunque non le permetterà di vincere al primo turno. Per conoscere il successore dell’attuale presidente Ollanta Humala (la costituzione non consente 2 mandati consecutivi), il Perù dovrà aspettare fino al 5 giugno quando, con tutta probabilità, Keiko dovrà vedersela con un “vecchio arnese” della nomenclatura politica nazionale qual è l’economista Pedro Paulo Kuczynski (ora vicino al 25%) ma anche con un volto decisamente più “fresco”, quello di Veronica Mendoza, candidata di Frente amplio (attualmente intorno al 16%).

“Voterò per Verónika Mendoza. Da quando ho raggiunto l’età per votare è la prima volta che sento di poter scegliere qualcuno che mi piace veramente – ha raccontato ieri a RadiocittàFujiko, Camila, studentessa peruviana di Scienze Politiche a Bologna – alle scorse elezioni ho votato per Humala ma non ero del tutto convinta, nonostante ciò era l’unica opzione che si contrapponeva alla figlia di Fujimori. Quelle elezioni erano state considerate come una scelta tra “il cancro e l’aids” da molti, anche per me è stato così”. Allo stesso modo Paulo, a Bologna per studiare Filosofia, ha espresso la propria preferenza per la candidata di Frente Amplio: “la sua proposta rappresenta un vero e proprio cambiamento rispetto al modo in cui si fa politica economica in Perù: oggi, il modello di esportazione di materie prime non ci garantisce una vera e propria sovranità economica, spesso gli accordi presi con gli estrattori sono poco vantaggiosi per gli interessi nazionali”.

Un paradosso sembra essere sul punto di compiersi – analizza Filippo Fiorini, direttore di Pangea News, agenzia di stampa che si occupa di America Latina – una Repubblica la cui storia è tempestata di colpi di Stato e governi militari, raggiunge la stabilità elettorale e finisce per votare la figlia del più recente tra i suoi dittatori”.

Keiko Fujimori “non ha preso le distanze da suo padre, se non in modo molto tiepido”, commenta Fiorini, “si è limitata a chiamare «errori» i delitti che sono valsi ad Alberto Fujimori una condanna a 25 anni per corruzione e violazione dei diritti umani, mentre altri avrebbero preferito usare la parola «genocidio», visto che per esempio, quando si era già autoproclamato presidente, Fujimori ordinò di far sterilizzare 200 mila donne, tra decine di altri abusi generalizzati. D’altra parte, sua figlia ha anche insistito nel dire che, come lui aveva combattuto il terrorismo comunista di Sendero Luminoso, lei combatterà la criminalità di strada che oggi colpisce il Perù”.

Alla base di questo risultato, rileva il direttore di Pangea News, una campagna elettorale “rivolta ai poveri, che vedono in lei la proiezione di quanto di buono credono abbia fatto Alberto. A loro, ha promesso di dedicare tutti i primi 100 giorni del suo governo”.  Al confronto, ha proseguito sempre Fiorini, “la retorica liberale di Pedro Paulo Kuczynski, veterano ministeriale presentato dall’establishment, o quella progressista di Veronika Mendoza sono sembrati lontani anni luce dalle esigenze reali di un Paese in gran parte povero, market leader nell’export di cocaina e nel contrabbando di metalli, ammalato di lavoro nero, complessi post-coloniali e arretratezza”.

Guglielmo Sano