Qualche giorno fa l’Alta Corte di Londra ha ribaltato la sentenza di primo grado che negava l’estradizione di Julian Assange dalla Gran Bretagna agli Usa. Il caso verrà quindi rinviato al tribunale di grado inferiore per essere nuovamente dibattuto. Si fa quindi più concreto il rischio che il giornalista e fondatore di WikiLeaks venga estradato negli Stati Uniti, dove rischia sostanzialmente l’ergastolo per aver rivelato documenti secretati.
A ricorrere all’Alta Corte era stato il team legale americano che si opponeva al divieto di estradizione sulla base di un possibile pericolo di suicidio legato al trattamento giudiziario e carcerario negli Usa. I giudici britannici hanno accolto le rassicurazioni sul trattamento in carcere di Assange, una volta che fosse estradato negli Usa, fatte dalle autorità americane per evitare un temuto suicidio.
Chi è Julian Assange e cos’è WikiLeaks
Julian Assange è un giornalista, programmatore e attivista australiano, noto principalmente per la sua collaborazione al sito WikiLeaks, del quale è stato cofondatore e caporedattore. È divenuto noto a livello internazionale per aver rivelato documenti secretati statunitensi, riguardanti crimini di guerra, ricevuti dalla ex militare transgender Chelsea Manning.
È nel 2010 che WikiLeaks giunse all’attenzione internazionale proprio per la fuga di notizie – i cosiddetti leaks – su possibili crimini di guerra perpetrati dagli Stati Uniti. Il 28 novembre 2010 WikiLeaks rese di pubblico dominio oltre 251.000 documenti diplomatici statunitensi, molti dei quali etichettati come “confidenziali” o “segreti”.
L’11 aprile 2019 Assange fu preso in consegna dalla polizia britannica dopo che l’Ecuador revocò l’asilo. Durante il suo arresto fu sollevato e portato via di peso da sette agenti in borghese della polizia di Londra e attualmente è detenuto nel Regno Unito presso la Her Majesty Prison Belmarsh.
È stato arrestato in base a un mandato del 2012, quando invece di consegnarsi a Scotland Yard per essere estradato in Svezia ed essere interrogato in merito alle accuse di stupro, si è rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e ha chiesto asilo: era il 19 giugno 2012, l’Ecuador allora guidato dal presidente Rafael Correa gli concesse protezione perché ritenne fondate le preoccupazioni del fondatore di WikiLeaks che l’estradizione in Svezia lo esponesse al rischio gravissimo di estradizione negli Stati Uniti, dove dal 2010 è in corso un’inchiesta del Grand Jury di Alexandria, in Virginia, per la pubblicazione dei documenti segreti del governo americano.
«WikiLeaks è stato importantissimo perché ha consentito l’accesso ad una mole di documenti molto importanti – sottolinea ai nostri microfoni Luca Rinaldi, direttore di IrpiMedia – Documenti che hanno consentito la realizzazione di inchieste giornalistiche che hanno avuto un impatto significativo anche sulle politiche degli Stati che venivano mano a mano coinvolti».
La rivelazione di documenti segreti attraverso azioni di hacking o attraverso whistleblower pone sicuramente delle questioni giuridiche, ma la giurisprudenza evidenzia l’elemento dell’interesse pubblico delle notizie. «Se all’interno di alcuni documenti esiste un profilo di interesse pubblico per cui è giusto che il cittadino sia informato – osserva Rinaldi – dovrebbe scattare una qualche forma di tutela verso chi li diffonde. Come stiamo vedendo, però, questa non è una giurisprudenza introiettata e diffusa in quelle che vengono ritenute le grandi democrazie occidentali».
ASCOLTA L’INTERVISTA A LUCA RINALDI:
Sinistra Unita per Bologna chiederà la cittadinanza onoraria per Assange
Nonostante i rischi concreti che Assange correrebbe qualora venisse estradato, in Occidente la mobilitazione per chiedere la sua liberazione non sembra particolarmente calda. «È più facile fare pressioni su un Paese come l’Egitto – osserva ai nostri microfoni Michele Terra di Sinistra Unita per Bologna, con riferimento alla vicenda di Patrick Zaki – ma quando di mezzo ci sono Gran Bretagna e Stati Uniti diventa un po’ più complicato per governi e istituzioni del Vecchio Continente, si va a toccare un nervo scoperto. Nel cosiddetto mondo occidentale anche i diritti umani e la libertà di stampa sono una variabile e una concessione del potere politico».
Proprio attorno alla vicenda, Sinistra Unita anticipa che chiederà al sindaco di Bologna Matteo Lepore e alla sua giunta di conferire la cittadinanza onoraria a Julian Assange. «Purtroppo non esprimiamo un consigliere comunale – ricorda Terra – ma abbiamo consiglieri nei cinque quartieri, per cui in tutti presenteremo una mozione per il conferimento della cittadinanza onoraria ad Assange, così come è avvenuto per Patrick Zaki».
L’esponente di Sinistra Unita è consapevole che, data la dimensione internazionale del contenzioso, un gesto del genere a Bologna è ben poca cosa, ma in ogni caso è convinto che serva un segnale e che questo possa partire anche dalla nostra città.
ASCOLTA L’INTERVISTA A MICHELE TERRA:
Un presidio per la libertà di Julian Assange e il diritto alla libera informazione
Sempre a Bologna, proprio questo pomeriggio, si terrà un presidio per chiedere la liberazione di Julian Assange e il diritto alla libera informazione.
La manifestazione comincerà alle 18.00 in piazzetta Don Antonio Gavinelli, di fronte al Teatro Testoni, e parteciperanno diverse realtà, dalla Rete dei Comunisti a Marx XXI.
«Del tema non se ne parla per niente – osserva ai nostri microfoni Marco Pondrelli, direttore di Marx XXI – È impressionante come si dedichino pagine e pagine e si diano premi a Navalny e non si parli di Assange, il cui unico crimine è stato quello di dire la verità sulle guerre combattute in Afghanistan e Iraq, sui massacri di civili e sulle torture che sono state compiute».
Pondrelli interviene direttamente anche sulla sentenza dell’Alta Corte, basata sulle rassicurazioni degli Stati Uniti sul fatto che Assange rischierebbe al massimo 5 o 6 anni di carcere e non sarebbe detenuto in un carcere di massima sicurezza. «Non ci sono garanzie che questo avvenga – sottolinea Pondrelli – Nei fatti stiamo parlando di quella che rischia di essere una condanna a morte per Assange».
Anche il direttore di Marx XXI constata la tiepidezza dell’opinione pubblica nei confronti del caso e stigmatizza quei commentatori, anche della sinistra liberal, che prendono le distanze da Assange.
ASCOLTA L’INTERVISTA A MARCO PONDRELLI: