L’economista romana analizza la crisi, entra nelle sue dinamiche e ne spiega le conseguenze politiche preoccupanti: la democrazia è in pericolo in tutta Europa, dove la sovranità popolare diminuisce, in particolare nell’Eurozona più in crisi.

Keynes non avrebbe parlato di Beni Comuni. Avrebbe parlato di Welfare che stimola i consumi e dell’importanza delle istituzioni statali in questo processo. Lo Stato garantisce dei servizi, così il cittadino ha la possibilità di reinvestire i propri beni in consumo. E intanto il sistema di tassazione redistribuisce la ricchezza. Era così e già molti lo criticavano. Dopo più di mezzo secolo, il modello keynesiano è stato superato dalle liberalizzazioni e dal neoliberalismo economico e politico. Oggi in Italia le sue soluzioni alla crisi sembrano le uniche.

Ma non è così e a dirlo è una tecnica dell’economia. Secondo Loretta Napoleoni, autrice di “Democrazia Vendesi” edito da Rizzoli, il momento storico in cui ci troviamo è cruciale: la crisi economica ha avuto come sua diretta conseguenza la diminuzione della sovranità popolare in tutta l’Eurozona, ma a differenza di altri Paesi l’Italia si è affidata ai “tecnici” che altro non sono che una parte degli esperti di economia e teoria economica.

C’è un mondo accademico e non che non vede nella spending review la soluzione ai problemi della crisi. Anzi, la stessa Napoleoni vuole rivedere il modo in cui la crisi è intesa, perché comprendendo le sue cause e le sue conseguenze si possono trovare altre soluzioni.
La crescita, che fino ad oggi è stata orientata alla quantità, deve diventare qualitativa: non è sostenibile il modo e lo stile di vita e di consumi avuti in questi anni. Per questo alla spending review si oppone un modello sostenibile di economia che tenga anche conto della realtà e della politica.

La sovranità popolare diminuita in questi anni deve tornare al centro del discorso politico e per farlo bisogna mobilitarsi. Con i metodi di autorappresentanza che già abbiamo nelle nostre mani: i referendum, il discorso sui beni comuni sono due punti partenza importanti per uscire dalla crisi, che non è soltanto economica ma anche politica.

“Ai tempi delle grandi dittature del Novecento in Europa si moriva per la libertà, i diritti umani, la giustizia e la democrazia. Oggi si muore per i debiti. Non è una crisi passeggera, è il capitalismo come lo conosciamo che non funziona più. L’euro, la moneta unica creata troppo in fretta e gestita con scellerata leggerezza, ha favorito le economie floride del Nord Europa a scapito di quelle periferiche. E ha innescato una spirale distruttiva che sta travolgendo le democrazie del Sud, dove ormai decisioni come le tasse, le pensioni, gli investimenti in istruzione sono guidate da Bruxelles, non dai singoli governi – afferma la Napoleoni – Peccato che le misure che vengono imposte, sempre le stesse (tagli, austerità, sacrifici) si stiano rivelando pesantemente recessive. E se continua a scivolare nella povertà, presto l’Italia diventerà una colonia del Nord Europa: un Paese sottomesso e in miseria in cui esportare le proprie merci e qualche volta andare in vacanza”.

Era prevedibile tutto ciò? La risposta è sì, come dimostra Loretta Napoleoni in “Democrazia Vendesi”. Il problema è che non era stato previsto. Dati alla mano, l’autrice spiega come i governi nazionali e le istituzioni internazionali hanno fallito nel loro compito di proteggere i cittadini e oggi insistono nel loro errore. Di fronte a questo disastro, in un anno in cui gran parte del continente andrà al voto, è il momento di tornare a pretendere decisioni coraggiose, capaci di infrangere tutti i tabù, persino quello dell’uscita dall’euro. Napoleoni ne illustra alcune: modi per riscoprire l’immenso potenziale delle nostre economie locali, per organizzare forme alternative di finanziamento, per creare una nuova partnership mediterranea. Il futuro, come già profetizzava Keynes, ha bisogno di soluzioni che rendano obsoleto il presente.