Nel periodo natalizio più che mai pensiamo agli altri: per i regali, per organizzare feste di auguri, per cenoni e pranzi infiniti. Gli altri è stato anche il tema dell’ultima puntata di Cult News dell’anno e come sempre, riporto qui alcuni spunti di letture dal web condivise durante la diretta.
Da Aurora, la newsletter di unobravo.com, si parla dell’importanza del dono per l’altro:
“Attraverso il dare e il ricevere, esploriamo la complessità delle nostre relazioni, costruiamo legami emotivi che arricchiscono la trama delle nostre vite. Ricevere un regalo (inaspettato o meno) spesso fa sentire la persona apprezzata e riconosciuta, e può per questo contribuire a rafforzare la sua identità personale.
In psicologia, il regalo può essere interpretato come un atto di generosità, di amore o di gratitudine. Rappresenta la volontà di condividere, di far sentire importante l’altro e di costruire connessioni significative. Un regalo può creare un legame che va al di là delle parole e influire sul livello di autostima e sul valore personale percepito.
Accanto al piacere materiale di scartare pacchetti, il dono a Natale può riflettere valori che vanno in una direzione di cura, in cui spirito natalizio e benessere psicologico possono convivere in modo proficuo. In questo periodo, il dono può diventare veicolo di amore, di pensieri benevoli e di desiderio di condividere gioia e calore umano. La scelta del dono diventa quindi un’opportunità per esprimere attenzione e dedizione verso gli altri, trasmettendo un messaggio di affetto che va al di là delle parole, ed è qui che si parla di “prosocialità”.
La prosocialità è un comportamento che prevede la facoltà di aiutare, di sostenere gli altri
in assenza della ricerca di qualsivoglia forma di ricompensa. Si manifesta in azioni specifiche come: il sostegno fisico e verbale, la solidarietà e la generosità.
La capacità di ricercare l’altro, di confrontarsi e interfacciarsi attraverso un atteggiamento orientato alla cooperazione e alla collaborazione sembra avere una profonda correlazione con lo sviluppo dell’identità e dell’autostima.
Ma non tutte le persone sono ben predisposte in questo periodo e alcuni di noi sentono al contrario una profonda malinconia chiamata anche Christmas Blues.
E soprattutto nel 2024 questa sensazione di tristezza non si lega solo al periodo natalizio, ma si diffonde un po’ in tutta la società. Secondo alcune ricerche infatti, siamo la generazione della solitudine e non percepiamo più un reale senso di comunità. Ciò riguarda non solo l’ambito strettamente familiare, ma anche quello collegato ai nostri concittadini, al governo e al nostro lavoro.
Il Censis ha da poco pubblicato un rapporto che indaga la fragilità e solitudine soprattutto dei giovani under 35: il 58,1% degli intervistati ha dichiarato di sentirsi fragile, il 56,5% solo e ben il 69,1% di aver bisogno di sentirsi rassicurato. Percentuali molto superiori rispetto a quelle riscontrate nelle altre generazioni.
Non bisogna mai sottovalutare la presenza degli altri e l’importanza dell’amicizia.
Su questo tema ha scritto Mariachiara Rafaiani su Lucy parlando del libro del sociologo francese Geoffroy de Lagasnerie: “3, un’aspirazione al fuori” per L’Orma editore. Qui alcuni estratti dell’articolo:
“Peccato che il tempo passa e non possiamo tornare nelle feste della nostra infanzia: i nostri natali del passato sono irraggiungibili. E poi tra un pranzo e una cena, quella esigenza di fuggire, come dei ladri, per un amaro, una sigaretta, una bisca tra amici. (…)
Quella comunione con gli amici dura sempre troppo poco: a un certo punto ci lasciano per tornare ai loro personali drammi, alle private messinscene natalizie. Oppure siamo noi a lasciarli, per il senso di colpa di dover salutare quella zia di terzo grado, quel cugino che ora vive a Frosinone (…)
Se però alla fine non riusciamo comunque a rinunciare al Natale in famiglia, resta opportuno riflettere su come quello spazio umano possa essere migliorabile e perfettibile. De Lagasnerie suggerisce una strada: avvicinare la felicità provando a mettere al centro quel legame che più di ogni altro avrebbe la forza di condurci fuori dalle dinamiche precostituite: l’amicizia. E lui la definisce anche “creatrice”.
Scrive: “qualcosa che porta con sé un’altra idea di relazionalità e di vita”, e contiene “la potenza di riconfigurare la nostra maniera di stilizzare l’esistenza (…) L’amicizia cambia il rapporto che si ha con il mondo e il modo di pensarsi, perché implica un decentramento fisico dalla dimora e dalla sfera privata – da ciò che il linguaggio definisce perfettamente nucleo familiare”.
Da qui l’idea di provare a concederci più ai nostri amici e amiche, che ai parenti.
E qui mi chiedo, proprio in vista del Natale: se le basi di questa vicinanza comune ci sono, non sarebbe più bello anche provare a vivere le relazioni familiari sul modello dell’amicizia? Portarle fuori dalla loro dimensione intima e casalinga? Così che se il pranzo di Natale lo si vuole, per varie ragioni, passare con gli amici, non sarà strano incontrare la famiglia per una giocata pomeridiana o per un aperitivo.”
L’articolo completo è su lucysullacultura.com
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Di e con Flavia Montecchi.